Alla ricerca del regalo perduto: storia di una consuetudine ormai naufragata nel consumismo

La tecnologia ha reso tutto più rapido, ma ha dato il colpo finale a tutti gli aspetti simbolici e culturali che da sempre accompagnano il dono.

Roma – E’ consuetudine, nelle relazioni umane, fare regali per compleanni, anniversari, feste comandate, nonché per la festa degli innamorati. Oggi la concezione del regalo è stata fagocitata dal meccanismo del consumismo sfrenato, ma, in realtà, risale alla notte dei tempi, addirittura alla preistoria. Ma, fu l’antico Egitto ad essere una delle prime civiltà in cui il regalo si diffuse a macchia d’olio. Quando c’era l’incoronazione, ai faraoni venivano offerti oro, armi, parte del raccolto, vesti e monili di pregio. Qui vigeva la tradizione di rendere più confortevole “l’ultimo viaggio” dei propri cari verso l’aldilà. Infatti, oltre ad amuleti portafortuna, cibi e oggetti d’arredo, a fare compagnia al trapassato c’erano gli “ushabt”, piccole statue con sembianze umane il cui compito da assolvere era di essere a disposizione del defunto anche nell’oltretomba, come un servizievole domestico.

La consuetudine del dono continuò fine all’antica Grecia e ai Romani. Uno dei momenti più proficui di fare regali erano i matrimoni, un modo per sancire l’unione degli sposi e la nuova parentela. Ai bambini, nel corso di varie occasioni venivano offerti giocattoli di terracotta. Gli adulti amavano, invece, scambiarsi i “sigilla”, piccole statue di terracotta di vario aspetto e costo, raffiguranti divinità. Durante il Medioevo e il Rinascimento, il dono assunse un notevole valore culturale, grazie anche al Cristianesimo che predicava di offrire doni in denaro e vettovaglie ai più bisognosi, per mitigare i loro patimenti.

Uno dei momenti più proficui di fare regali è il matrimonio, un modo per sancire l’unione degli sposi e la nuova parentela.

Nelle “alte sfere” la raffinatezza raggiunse alti livelli di distinzione. Era un modo per ottenere favori dal re o dal signore di turno, ma anche per esporre la ricchezza del donatore di fronte agli altri. Si passava dalle monete e metalli preziosi alle pregiate armature, dai cavalli ai cani di razza, da utilizzare i primi per la guerra e i secondi per la caccia.   Ad un certo punto, nel novero delle modalità di fare regali, irruppe il libro. Manoscritti intarsiati e bibbie erano considerate alla stregua di vere e proprie opere d’arte, che gli aristocratici amavano esporre. Poi come una furia è giunta la “rivoluzione industriale”, che ha fatto tabula rasa, come un bulldozer, di tutta la maestosità e ritualità che avevano assunto il dono.

Col consumismo più sfrenato il regalo ha seguito la logica del business, in tutti gli strati sociali.

Col consumismo più sfrenato ha precorso la logica del business, in tutti gli strati sociali. Tutto ebbe inizio, a metà del XIX secolo, con lo shopping e coi primi grandi magazzini, antesignani dei moderni centri commerciali. Un’enorme massa di piccoli e medi borghesi brulicanti in grandi spazi pieni di merci, in attesa che i clienti cedessero alle loro qualità seduttive. Le festività di ogni tipo e le celebrazioni si sono, così, trasformate in uno scambio continuo di regali, in modo che, non è esagerato definire, compulsivo. L’apparizione di Internet ha esacerbato  questo status quo, con lo shopping online e l’ostinazione dei siti di e-commerce, con cui basta un click e i gioco è fatto. Certo la tecnologia ha reso tutto più rapido, ma ha dato il colpo finale a tutti gli aspetti simbolici e culturali che si nascondevano dietro un regalo!

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