L’indagine di Altroconsumo: il costo della retta media nazionale è di 640 euro, con Milano che raggiunge l’apice di 800 euro.
Roma – E poi dicono che non si fanno figli e che c’è l’inverno demografico. Mettere al mondo delle creature è diventata un’impresa titanica. L’età in cui si partorisce, quando il lieto evento capita, è sempre più avanzata rispetto ai periodi precedenti. Le cause sono varie e molteplici. Indubbiamente la crisi economica ha un peso quasi decisivo per mettere su famiglia e con essa la precarietà del lavoro, se non la disoccupazione. E poi il brutale aut aut che si trovano a subire le donne quando restano incinte: o il lavoro, o la famiglia! La conciliazione sia dell’uno che dell’altra non è propria contemplata.
Infine il colpo fatale alla rinuncia di mettere al mondo un bambino è dovuto al fatto che solo uno su tre ha accesso agli asili nido. La mancanza di un welfare state adeguato, in questo caso, manifesta tutte le sue lacune, in quanto l’impatto sulla parità di genere e sulle risorse finanziarie delle famiglie è molto forte. Inoltre, il costo esorbitante degli asili, quando ci sono. Secondo una recente indagine a cura di Altroconsumo, un’associazione che ha come scopo l’informazione e la tutela dei consumatori, il costo della retta media nazionale è di 640 euro, con Milano che raggiunge l’apice di 800 euro. Ovviamente si tratta di costi non alla portata di tutti. Il vantaggio dei nidi privati è costituito dal fatto che gli orari sono flessibili, che, quindi, agevolerebbero un’organizzazione più comoda da parte dei genitori.
E’ vero che il costo degli asili nido sono più contenuti al Sud e nelle isole, ma è altrettanto vero che il mercato del lavoro è più difficile. Quindi costo inferiore equivale a dire situazione economica precaria. Costo maggiore, un quadro più stabile. Un’altra criticità che si abbatte sulle famiglie, soprattutto le mamme, è la quasi totalità della chiusura estiva degli asili nido, che raggiunge nel mese di agosto il 93% del totale. Si potrebbe invogliare le strutture a restare aperti, in quanto, seppur la gestione è privata, si tratta, nei fatti, di un servizio pubblico, che andrebbe, comunque garantito. Un’altra problematicità è la loro bassa diffusione sul territorio nazionale.
Dove sono assenti, le famiglie mediamente benestanti si rivolgono, spesso, a tate e collaboratrici domestiche. Al contrario, quelle in condizioni economiche difficoltose, non sapendo a quale santo votarsi, devono solo sperare di avere i nonni vicino e in buone condizioni di salute. Già i nonni, una risorsa così preziosa che quando ci sono costituiscono il vero welfare state all’italiana. I politici sono tutti bravi a parole, a riempirsi la bocca di frasi retoriche e roboanti, invitando a fare i figli per combattere la denatalità, perché sarebbe a rischio la nostra identità. E chi mantiene? Babbo Natale, forse! Ci si sentirebbe più stimolati se ci fosse uno Stato e le sue diramazioni territoriali presenti nelle situazioni di difficoltà.
Ma le istituzioni pensano ad altro, a come spartirsi il potere, non rendendosi conto che il “deserto demografico” sta per diventare così arido, da non generare più vita. Come si può avere fiducia in uno Stato che non è nemmeno capace di provvedere alle necessità di quelle poche famiglie che hanno un bambino? E, intanto, ci si sente sempre più soli!