Sperimentato durante l’emergenza Covid, il lavoro a distanza ora si sposa con il turismo prolungato. Ci guadagnano benessere e produttività.
Roma – I giovani “rapiti” dalla workation. A tutti piacerebbe lavorare stando in vacanza. Riuscire a conciliare i due aspetti, quello ludico e della scoperta di nuovi luoghi e quello del lavoro che piace, è un desiderio che occupa il primo posto tra le aspettative dei giovani. Questa tendenza è stata definita “workation”. Ovvero, una vacanza più lunga di quella di un turista medio, utilizzata per lavorare da remoto. Il termine è la crasi di work (lavoro) e vacation (vacanza). Per i luoghi in cui si resta anche dopo la vacanza, l’impatto economico è notevole. Mentre per i vacanzieri/lavoratori operare in un ambiente interessante e distensivo produce una crescita del livello di produttività e benessere individuale. Galeotta è stata la pandemia, quando nel periodo di isolamento per le note vicende del Covid-19, il lavoro a distanza (smart working) è diventato una consuetudine per molte aziende, i cui dipendenti, ancora oggi lavorano alcuni giorni da casa e altri in presenza.
Sicuramente l’aspetto stuzzicante, soprattutto per chi lavora come “freelance” è quello di poter lavorare non solo da casa, ma da qualsiasi parte del mondo. Inoltre, moltissimi locali e strutture ricettive si sono attrezzati per creare spazi di “co-working”, proprio per offrire ai propri clienti dei luoghi per lavorare tra un momento di svago e l’altro. Coloro che sono entusiasti di questa tendenza, esaltano il prolungamento delle vacanze restando, comunque, produttivi quando si deve, dedicando il tempo che si ritiene più opportuno e in qualsiasi luogo, montagna o mare che sia. La multinazionale statunitense, Dell Technologies, tra le più importanti aziende di personal computer e di sistemi informatici e Savanta ComRes, società londinese di ricerche di mercato, hanno effettuato uno studio su un campione di giovani tra i 18 e 26 anni in 15 paesi del mondo.
Ebbene, la possibilità di poter lavorare da remoto e in maniera flessibile è un’attrattiva dirimente per i giovani. Infatti, il 63% ha ritenuto che lo smart working sia una precondizione decisiva per la scelta del lavoro. Secondo l’Associazione Italiana Nomadi Digitali, un ente no profit del terzo settore che vuole contribuire attivamente a rendere l’Italia una destinazione attrattiva per chi viene dall’estero, nel mondo ci sono 35 milioni di persone che si definiscono “nomadi digitali”. In questo quadro, la workation trova terreno fertile per svilupparsi ancora di più.
A conferma che la tendenza sta diventando come un fiume in piena. A dimostrare questo dato di fatto è stato diffuso un rapporto sulle tendenze di viaggio nel 2023, a cura di Skyscanner, un motore di ricerca internazionale di voli, senza finalità di vendita, che permette agli utenti di navigare tra i prezzi e le destinazioni delle offerte di volo e di confrontare le diverse offerte disponibili. E’ emerso che i viaggi da soli sono stati molti numerosi, il 37%. Inoltre, il 34% ha dichiarato che è elettrizzante poter allungare la vacanza e, al contempo, lavorare.
Gli autori dello studio hanno ritenuto che i dati non hanno rappresentato una sorpresa. Le aziende di qualunque comparto e grandezza, quindi, non possono far finta di nulla, in quanto la cosiddetta Generazione Z, ovvero le persone nate tra i medio-tardi anni novanta del XX secolo e i primi anni 2010, è quella che costituirà il tratto distintivo del mondo del lavoro dei prossimi anni, influenzandolo. Quest’ultimo in futuro si realizzerà in una forma ibrida, in parte in ufficio e in parte a distanza e le aziende dovranno cambiare approccio culturale se vogliono stare sul mercato. Non dovranno avere come motore del loro sviluppo solo il profitto, ma mettere in moto un processo di motivazione dei propri dipendenti, con particolare interesse alla loro salute, serenità e sicurezza. Se son rose fioriranno, altrimenti saranno spine e criticità molto serie!