Il pianeta sta andando in…fumo

Come ogni anno l’estate è stata caratterizzata da incendi di varia natura. Più dolosi che altro. Ma l’intensità e la frequenza raggiunti negli ultimi anni non si erano mai visti. Una situazione da allarme rosso…Fuoco.

Roma – E’ un problema che non colpisce solo l’Italia, ma che si sta estendendo su tutto il pianeta. Non solo non si riesce a arginare il fenomeno, ma recenti ricerche hanno dimostrato che il fumo prodotto dai roghi può avere effetti devastanti sull’ambiente. Uno studio a cura della Washington University di Saint Louis, USA, ha rivelato che il fumo tende ad assorbire una grande ed inimmaginabile quantità di calore. In questo modo la Terra rischia di essere soggetta ad un riscaldamento non previsto finora. Il riscaldamento globale, quindi, potrebbe essere esacerbato dagli incendi, che nei prossimi anni potrebbero manifestarsi con più violenza e frequenza.

Palermo – Incendio su Pizzo Manolfo – foto Giuseppe Schiraldi

Anche in questo caso c’è lo zampino del cambiamento climatico. Gli scienziati hanno utilizzato un aereo della NASA – l’agenzia governativa civile responsabile del programma spaziale e della ricerca aerospaziale degli USA – trasformandolo in un laboratorio mobile. Hanno effettuato una serie di analisi del fumo di alcuni roghi prodotti da fulmini, nel 2019. Per la cronaca questi incendi avevano distrutto intere zone occidentali statunitensi. Si è scoperto che le fiamme hanno una peculiarità. Ovvero sono dotate di una particella, chiamata “carbonio marrone scuro organico”, che è in grado di assorbire la gran parte del calore. I campioni esaminati erano distanti circa tre chilometri dalle aree dove si sono verificati gli incendi, scelte per compiere lo studio.

Tuttavia è sorto subito un problema. Ovvero queste particelle che inaspriscono il riscaldamento globale non sono facile da rintracciare. Per tentare di dirimere gli aspetti che hanno configurato l’attuale condizione, è stato fatto una comparazione. Le particelle del fumo sono molteplici se confrontate con quelle di carbone nero, più conosciute, che, in egual misura, incidono sul cambiamento climatico. Quelle del fumo, come effetti sul riscaldamento del pianeta, raggiungono la seconda posizione dopo l’anidride carbonica (CO2). Sembra, secondo gli scienziati, che il carbonio marrone scuro sarebbe quattro volte più folto, con effetti devastanti facilmente immaginabili.

Questa ricerca scientifica è stata realizzata anche con la partecipazione della NASA e del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration). Quest’ultima, il cui acronimo in italiano significa “Amministrazione nazionale per l’oceano e l’atmosfera”, è un’agenzia scientifica e normativa statunitense, all’interno del “Dipartimento del commercio degli USA”, che si occupa di previsioni metereologiche, monitoraggio delle condizioni oceaniche e atmosferiche e tracciamento di mappe dei mari. Inoltre, conduce esplorazioni in acque profonde e gestisce la pesca e la protezione dei mammiferi marini e delle specie in via di estinzione nella zona economica esclusiva degli USA.

C’è da dire che le particelle di fumo sono presenti nei “modelli climatici” utilizzati finora. Tuttavia questi modelli hanno sempre ignorato il carbonio organico, considerandolo di scarso impatto rispetto a carbonio nero. Invece si è visto sul campo che le nuove particelle hanno una caratteristica che non va sottovalutata. Infatti, tollerano in notevole misura lo sbiancamento indotto dalla luce, che è un processo naturale attraverso cui il carbonio marrone dovrebbe eliminare la sua attitudine ad assorbire calore. Alla luce degli studi e delle incertezze, non resta, per chi è credente, di affidarci alla clemenza di qualche Dio. Per quanto riguarda gli uomini, è ora di dire basta, hanno già dato. E sono stati danni.

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