Il “tempo libero” è la tanto agognata meta a cui tendono molte persone. È definito come “tempo liberato dal lavoro”, dalla produzione, dall’impegno e si caratterizza per il fatto che ci si può dedicare a sé stessi, alla famiglia e ai propri hobby.
Roma – Ma siamo talmente fagocitati dal totem della produttività ad ogni costo e a qualunque costo, che il tempo liberato è un pio desiderio. Difatti, quando lo si ha a disposizione si ha la sensazione di non sapere come utilizzarlo. Si viene risucchiati in un meccanismo per cui se si hanno dei programmi, degli impegni, si crea valore, altrimenti si è una nullità. Eppure, c’è qualcosa che non torna.
È risaputo, in realtà, che il tratto distintivo di una persona non è il lavoro o i propri doveri, ma sono le passioni, i passatempi, gli svaghi. E, soprattutto, la curiosità, che spinge alla conoscenza e alla contemplazione. Lo sono anche i momenti di inattività. Come quando si è al computer e per un attimo stacchiamo lo sguardo dal monitor per guardare dalla finestra o nel vuoto. O quando ci si mette a gironzolare per la stanza proiettando la mente verso orizzonti sperduti nel tempo. Spesso succede, però, che questi momenti vengono vissuti con ansia e frustrazione perché considerati eccessivi. Al contrario, avremmo potuto concludere un progetto, anticipare una scadenza o altra.
Sarà, sicuramente, capitato ad ognuno di noi di “vivere” momenti simili, quando si è particolarmente stanchi e affaticati e l’insoddisfazione ci pervade l’anima. Tuttavia, ora la scienza ha dimostrato che sono proprio questi i momenti utili per la creatività e la produttività. Come viene enunciato in un saggio dall’eloquente titolo: Il potere del cazzeggio. Perché la distrazione ci rende più intelligenti di Srini Pillay, neuropsichiatria presso l’Università di Harvard, USA. È un simpatico testo che invita alla cosiddetta arte del “perdere tempo”, perché può essere un vera e propria panacea. In quei momenti in cui si “stacca” da tutto, considerati, a torto, sintomi di pigrizia e svogliatezza, concedersi un po’ di relax, invece, rappresenta una risorsa capace di potenziare le nostre capacità cognitive.
Questo accade perché le attività neurologiche sono stimolate proprio quando la mente è inattiva. Secondo Pillay, la mancanza di attenzione che si ha quando ci si “stacca” da qualcosa risulta essere un notevole supporto per trovare il ritmo cognitivo, che è un po’ come il “carburante” di cui ha bisogno il “motore” del nostro corpo. Succede che dopo quella “pausa” che ci siamo concessi e per la quale ci si irrita perché vista come “perdita di tempo”, il nostro cervello si riattiva. Una sorta di ricostituente, quindi. Ed è proprio in questa fase che la creatività e la produttività vengono pungolate ad esprimersi al massimo delle loro capacità. Quel momento di pausa inatteso, nei fatti, ha prodotto un senso di quiete che ci offre la possibilità di riprendere l’attività con più carica.
Altro che “tempo perso”, il “cazzeggio” è un’arte che va coltivata e salvaguardata, se non si vuole soccombere al mito del lavoro! D’altronde siamo vittime, purtroppo, dei ritmi forsennati imposti dalla società capitalistica, ora, anche ipertecnologica, che non ci fa godere nemmeno di un attimo di pausa. Mentre nella società preindustriale, quando il ritmo del tempo era più lento, ci si concedeva, volentieri a momenti di inattività, che ritempravano lo spirito e il corpo. Non si tratta di nostalgia per un passato che non c’è più, ma di consapevolezza che è necessario salvaguardare il “tempo perso”.