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Evasione fiscale, male cronico

Sono decenni che in Italia si parla di evasione fiscale e di come si può combattere. Cambiano gli esecutivi ma il problema resta tale e quale, è sempre lì, radicato in profondità. Sembra un argomento tabù, impossibile da affrontare. L’Istat offre numeri preoccupanti in merito.

Roma – L’Ufficio Studi della CGIA (Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato) ha effettuato uno studio su dati Istat da cui è scaturita una fotografia dell’evasione fiscale italiana. La valutazione si riferisce al 2020, l’ultimo anno di cui si hanno a disposizione i dati. Lo studio ci dice che vengono evasi 13,2 euro su ogni transazione da 100 euro. Anche qui, e non poteva essere altrimenti, esiste una “questione meridionale”. Nel senso che l’evasione fiscale cresce man mano che si scende lungo lo Stivale.

In dettaglio risulta quanto segue: nel Nord Ovest l’evasione media raggiunge i 10,3 euro ogni 100 euro di transazioni, pari a 23,4 miliardi di gettito fiscale sottratto allo Stato e quindi alla collettività. Nel Nord Est si arriva a 11,1 euro “scippati” allo Stato per ogni 100 euro, pari a 17,6 miliardi di gettito. Al Centro si evade per 13,6 euro, mentre il gettito andato in fumo arriva a 19,8 miliardi. Nel Meridione ecco l’impennata. Si arriva ad evadere fino a 16,8 euro per ogni 100, equivalente a 29,1 miliardi di gettito che si disperde in tanti rivoli limacciosi. E lo Stato piange. E la collettività ancora di più, subendone le conseguenze. Guardando alle singole regioni, province autonome comprese, balza agli occhi che le zone geografiche più dissolute del Sud producono un’evasione quasi doppia rispetto a quelle più irreprensibili.

Tra le regioni meridionali più… evasive, troviamo al primo posto la Calabria, con 21,3 euro evasi su 100 incassati; la Campania, 20 euro; la Puglia, 19,2 euro. Mentre le più ligie al dovere sono al Nord: Alto Adige, 9,3 euro sottratti su 100 incassati; Lombardia, 9,5 euro; Provincia autonoma di Trento, 10,2 euro; Friuli-Venezia Giulia, 10,6 euro. Dalla ricerca della CGIA è emerso, tuttavia, che qualcosa in meglio sta cambiando. Infatti, sebbene con lentezza, la lotta all’evasione fiscale, nell’anno 2022, ha segnalato il recupero di oltre 20 miliardi di euro. In complesso in 6 anni, tra il 2015 e il 2021 l’evasione è scesa di 16,3 miliardi euro. Per decenni in Italia la cifra relativa all’evasione fiscale nel Belpaese ha raggiunto l’iperbolica cifra di 100 miliardi di euro, fino al 2018.

Alla faccia del bicarbonato di sodio” soleva ripetere il principe della risata Totò, per esprimere il suo sbigottimento di fronti ad eventi fuori dal comune. È dall’anno fiscale 2019 che si è riusciti ad andare sotto tale soglia, anche se di un pelo: 99 miliardi. In dettaglio tale cifra è rappresentata da 86,5 miliardi di evasione tributaria e il restante 12,6 miliardi di contributi non corrisposti. È chiaro che il problema, oltre ad essere atavico, è anche di difficile soluzione. Nel senso che, data la situazione italiana, è difficile trovare il bandolo della matassa. È necessario colpire le grandi ricchezze, chi possiede yacht, ville a destra e a manca, tutti beni che, spesso, sono stati acquisiti con capitali illeciti. La grande evasione di aziende che non versano un tributo nemmeno a pregarle.

Ma come farlo in concreto non si sa. E, poi, finalmente, abbassare le tasse per tutti. Ma questo è possibile solo se le pagano tutti, altrimenti è come il cane che si morde la coda. Secondo alcuni commercialisti, per incentivare i cittadini a non evadere, si potrebbe offrire loro la possibilità di “scaricare” dalla dichiarazione dei redditi ogni bene acquistabile. Non ci è dato sapere l’utilità di questa opzione con le ricchezze occulte e coi capitali riciclati. Ma è l’indole dell’italiano medio a dover cambiare direzione. Un’indole tesa al sotterfugio, ad affidarsi all’amico degli amici e a pensare che il “particolare” conta più del “generale”.

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