Il Governo dichiara il suo impegno a contrastare l’inverno demografico attraverso strategie concrete e risorse dedicate, mentre il Papa sottolinea le soverchie difficoltà che i giovani oggi sono costretti ad affrontare.
Roma – La denatalità in Italia non è qualcosa che scopriamo solo ora. È un fenomeno che purtroppo dura da parecchi anni e che si sta considerando con maggiore intensità adesso che il Governo Meloni ha istituito un ministero ad hoc, per “famiglia, natalità e le pari opportunità”. Alta tensione tra i partiti e fuoco incrociato dalle opposizioni che invocano maggiori tutele per i giovani e le famiglie. Come se fossero stati, negli anni in cui hanno governato, distratti e in un altro emisfero della galassia. Sono mancati finora visione strategica, interventi concreti e risorse dedicate.
Certamente il fattore economico è importante, ma lo è altrettanto quello culturale. Il ministro Eugenia Roccella, intervenuta alla prima giornata degli Stati Generali della Natalità, assicura che il tema dell’inverno demografico è al centro dell’interesse del Governo. Infatti, si sta cercando di difendere in Europa una procedura di infrazione per l’assegno unico, che è stato comunque aumentato in modo sensibile, soprattutto per le famiglie numerose. Ma non si può ridurre tutto a questo, è solo uno degli elementi di una strategia che deve essere ben più ampia. Inutile girarci attorno.
Tenere conto, nelle varie riforme in itinere, di un “criterio familiare” è necessario, ossia se si vuole abusare di un termine in voga bisogna concentrarsi sul “quoziente familiare”. Insomma, l’aiuto alle famiglie deve essere circolare e va dagli incentivi alle imprese, dai bonus bollette al nuovo assegno di inclusione. Per intenderci il numero dei figli, che pare essere un parametro adottato dal Governo, deve essere esteso in ogni ambito, a partire dal Fisco. Alla terza edizione degli Stati Generali della Natalità ha presenziato anche la presidente del Consiglio, seduta nel palco dell’Auditorium accanto a Papa Francesco, al quale la platea ha tributato un lungo e caloroso applauso.
“Parlare di famiglia è un atto rivoluzionario e rappresenta una priorità assoluta per il nostro Paese” ha affermato la premier. Il Papa ha esordito, invece, dicendo che “creare una famiglia è divenuta una impresa titanica e uno sforzo solitario“, aggiungendo poi che “i giovani spesso si sentono soli e costretti a contare esclusivamente sulle proprie forze. Questo vuol dire erodere il vivere comune e rassegnarsi a esistenze solitarie“.
La conseguenza è che solo i più ricchi possono permettersi, grazie alle loro risorse, maggiore libertà nello scegliere che forma dare alle proprie vite. E questo è ingiusto, oltre che umiliante. Forse mai come in questo tempo, tra guerre, pandemie, spostamenti di massa e crisi climatiche, il futuro pare incerto.
“Amici, è incerto, non pare, è incerto. Tutto va veloce e pure le certezze acquisite passano in fretta” ha affermato il Pontefice. Purtroppo, in questo contesto di incertezza e fragilità le giovani generazioni sperimentano più di tutti una sensazione di precarietà. Difficoltà a trovare un lavoro stabile e a mantenerlo, case dal costo proibitivo, mutui da capogiro, affitti alle stelle e salari insufficienti sono problemi reali, ha concluso Papa Francesco. La politica ha dunque il dovere di intervenire. Il Pontefice si è anche soffermato sul problema delle donne, le quali devono affrontare condizionamenti quasi insormontabili e scegliere fra carriera e maternità.
Ma vi è stata una esortazione finale di Francesco, che deve fare riflettere tutti, cioè che la natalità, così come l’accoglienza, non devono essere mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia. Sono indici che rivelano quanta felicità c’è nella società. Una comunità felice sviluppa naturalmente i desideri di generare, integrare e accogliere, mentre una società infelice si riduce a una somma di individui che cercano di difendere a tutti i costi solo quello che hanno.