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Tra social e medicina, i danni dell’effetto rebound

I social sono diventati una cartina al tornasole. Sono indicativi, ovvero rivelatori di come l’opinione pubblica interagisce con la realtà circostante per informarsi, relazionare, socializzare e comunicare. Sotto la lente l’effetto rebound.

Roma – Qualche tempo fa, il noto rapper Fedez ci ha raccontato come ha vissuto l’effetto “rebound”, conosciuto anche come “fenomeno di rimbalzo”. Si tratta della ricomparsa di una malattia dopo un’improvvisa interruzione del trattamento farmacologico che la monitorava. Ovvero, riappaiono quei sintomi controllati e assenti quando si assumono determinati farmaci, ma che si ripresentano dopo una brusca interruzione della terapia, per svariati motivi.

Fedez ha dichiarato di essere stato vittima di quest’effetto, dopo che è stato costretto a sospendere la somministrazione di farmaci antidepressivi, i cui effetti collaterali stavano danneggiando il suo organismo. L’effetto rebound si manifesta con un aggravamento della malattia dopo la sospensione di un principio attivo o nella riduzione della sua dose. In parole povere, si produce quello che è stato definito “effetto rimbalzo”. Ovvero, come nel caso di Fedez la patologia è risultata più grave di quella per cui era stato sottoposto a cura. Quindi, i sintomi risultano essere peggiori rispetto al sorgere della malattia, tenuta sotto controllo dai farmaci. Se, ad esempio, si sospende l’assunzione di stimolanti, gli effetti possono essere ansia, insonnia, attacchi di panico, e una sorta di depressione di rigetto.

O gli antipsicotici, di cui si cessa di prendere la terapia e i cui effetti possono provocare forti crisi psicotiche. Od, ancora, i decogestionanti che dilatano i vasi sanguigni fino a produrre un’ostruzione. È il caso degli spray nasali che fanno bella mostra di sé sui banchi delle farmacie, diventate, ormai veri e propri empori. Sono utilizzati per la congestione nasale e la rinite allergica, ma una volta cessato l’effetto del farmaco, le mucose tornano allo stadio precedente. Addirittura, possono anche peggiorare, provocando un uso più massiccio e per più volte dello spray. Anche qui, ci troviamo di fronte all’effetto rebound, che in questo caso è di breve durata e, perciò, facilmente controllabile con terapie farmacologiche mirate. Un altro esempio di effetto rebound è la cefalea da rimbalzo, cioè una forma di emicrania che scaturisce dall’uso smodato di farmaci.

Secondo alcuni studi dell’Istituto Clinico Humanitas, l’utilizzo di antidolorifici per oltre due volte alla settimana, provoca una crescita del riacutizzarsi dei sintomi, gli stessi effetti si hanno con l’uso di oppiacei e barbiturici. Per la cronaca, Humanitas è un ospedale policlinico ad alta specializzazione, nonché centro di ricerca clinica e scientifica e sede di insegnamento dell’Università privata Humanitas University. Inoltre, è riconosciuto dal Ministero della Salute come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS). Avremmo sicuramente preferito di gran lunga che “l’effetto rebound” si riferisse al rimbalzo nel basket o in qualche altro sport con la palla.

L’Istituto Clinico Humanitas.

I farmaci oggi rappresentano il toccasana per un buon numero di disturbi e patologie e una volta prescritti vanno assunti seguendo le indicazioni mediche, soprattutto per le malattie gravi. Tuttavia, c’è da segnalare un eccessivo utilizzo della farmacopea. Per qualsiasi sensazione di malessere e/o disturbo ecco pronta la panacea. Pigliate ‘na pastiglia è un brano musicale del 1957 del musicista partenopeo Renato Carosone. Sembra che l’ironico consiglio sia stato seguito alla lettera, tanto da provocare “l’effetto rimbalzo”. E le multinazionali farmaceutiche ingrassano a spese della salute dei cittadini.

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