Si allarga la scollatura nell’opposizione. La maggioranza di centrodestra più il M5S, in totale accordo, hanno eletto alla “Giustizia tributaria” l’ex ministro Alfonso Bonafede e Carolina Lussana. E c’è anche il “caso” Chinnici.
Roma – Sconfitto il Pd, contrario all’accordo. Tanto da non partecipare alle votazioni solo perché non veniva garantito il rapporto 7 a 5 con l’opposizione parlamentare. Quest’ultima, indispettita per non avere ottenuto quanto per consuetudine spettava ai dem, spara a zero sulla maggioranza e sul M5S, al quale è stato riconosciuto un ruolo di rilievo. “Un pezzo dell’opposizione ha deciso di farsi degli accordi su una questione di potere” ha confermato la capogruppo del Pd.
Tutto bene, invece, se fosse stato riconosciuto un “posticino” in più ai democratici. Anche il vicesegretario di Azione, Enrico Costa, ha rincarato la dose, affermando: “Questa bizzarra maggioranza ha garantito ben 210 preferenze per eleggere Alfonso Bonafede nel Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria”. L’ex ministro alla Giustizia è stato deputato per due legislature e Guardasigilli in due Governi (Conte e Conte bis). Certamente il Pd non sta avendo un percorso semplice e privo di ostacoli interni, dovuti soprattutto all’insoddisfazione di alcuni parlamentari per la virata a sinistra che ha lasciato basite molte personalità. Le quali, forti delle proprie storie e radici, si sono trovate dentro un partito non più pluralista, tanto da confondere l’elettorato e ridurre al lumicino la consistenza dell’alleanza “Verdi e Sinistra Italiana”.
Ora il dito è puntato su Caterina Chinnici, la quale ha inferto un colpo che dovrebbe fare discutere e porsi qualche domanda ai dem sul percorso che la segretaria ha intrapreso. La parlamentare europea, confermando il passaggio a Forza Italia, ha detto:
“Ho lasciato il Pd a causa della vittoria di Elly Schlein, che comunque conosco da tanto e pur apprezzandone l’autenticità dell’impegno, su alcuni temi abbiamo visioni diverse e inoltre il gruppo si è spostato sempre più a sinistra. Troppo, per me”.
La vicinanza ad Antonio Tajani e l’amicizia con Rita Dalla Chiesa, sono stati determinanti per la scelta. Che però al Pd brucia e la scottatura ha lasciato segni visibili. I dem, invece di porsi domande sui diversi abbandoni e sul percorso da tempo intrapreso, vorrebbero che s’interrogasse e si infierisse ancora di più, non tanto per la partenza verso altri lidi della parlamentare siciliana, che di per sé sarebbe, comunque, un problema, ma sulla scelta di Forza Italia.
Cioè la domanda, alla quale non è stata data risposta, che qualche quotidiano ha posto in evidenza, è: come può la figlia di Rocco Chinnici, il consigliere istruttore di Palermo ucciso dalla mafia, unirsi al partito fondato, tra gli altri, da Marcello Dell’Utri? Eppure non c’è stata alcuna curiosità o morbosità intellettuale quando Chinnici è stata nominata assessore regionale nell’esecutivo del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, e dopo candidata all’europarlamento nelle file dei democratici.
Nel 2010, tra urla e insulti provenienti dai banchi dell’allora Pdl, il governatore Lombardo rompeva l’alleanza che lo aveva eletto e dava vita al suo quarto Governo in due anni. Allora ne fecero parte 12 assessori, tutti tecnici, ma di chiara matrice politica e riconducibili all’Mpa, al Pd, all’Udc e all’Api di Rutelli. In questo caso niente di scandaloso per i “piddini” al Governo, che si erano presentati candidando come governatore Anna Finocchiaro. Adesso, invece, che non sono i dem che si avvicinano a un esponente di centrodestra, ma è solo una parlamentare del Pd che si arruola nella regata forzista, si invoca coerenza, dignità, rispetto della memoria. Occhio prima di giudicare e gridare allo scandalo politico.