Accontentare una base elettorale ostile all’immigrazione, continuare a dare un’immagine di moderazione di fronte all’UE e trovare un equilibrio con il “difficile” alleato Salvini che vorrebbe la linea dura è un’impresa ardua. Il Governo Meloni trova sulla questione migranti il primo vero bivio.
Roma – Trattare la questione migranti non è facile per un partito che ha guadagnato voti su voti facendo campagna contro di loro, salvo poi trovarsi forzato a giocare la parte del “moderato” per rassenerare le istituzioni europee. Equilibrio difficile da giocare, specialmente dopo i fatti di Cutro. E soprattutto quando si ha accanto un alleato infido e ancora più radicale come Salvini. Il compromesso, per ora, è puntare tutto sulla polemica contro gli scafisti.
La caotica conferenza stampa è stata lo specchio della confusione del Governo di fronte a una sempre più complessa questione migratoria. Da un lato, Meloni è forzata a mantenere il volto del “sovranismo moderato”: dunque, collaborazione con le istituzioni europee e toni pacati. Dall’altro, la base elettorale esige la linea dura. E quel che è peggio, il collega di governo Salvini è certamente più spregiudicato (e rischia molto di meno) nel proporre misure estreme e fare “concorrenza interna” come partito rigorista nella lotta all’immigrazione.
Un decreto confuso
L’alba dell’approvazione del decreto Migranti mostra tutte queste ambiguità. Per non criminalizzare i migranti, ma per dare comunque la posa di una inflessibile lotta all’immigrazione, si dà la colpa agli scafisti. Che ovviamente hanno un ruolo, ma non sono altro che la bassa manovalanza del business dell’immigrazione, lontani dai vertici del traffico.
Il decreto, dunque, modifica ben poco, e persino Berlusconi ha affermato che “non sarà risolutivo“. Si cede a qualche richiesta di Salvini – l’inasprimento alle pene degli scafisti – e si rafforza la lotta all’agromafia (che sfrutta i migranti attraverso il capolarato), attribuendone la competenza agli organi di controllo del ministero dell’Agricoltura. Non è chiaro come un organismo che in passato si occupava di fertilizzanti ed etichette potrebbe combattere le agromafie, ma tant’è.
Grande vittoria di Salvini il riconoscimento della cosiddetta “strategia Rampelli“: vale a dire, bisogna dissuadere i migranti prima che partano. In sostanza, il decreto afferma che si potranno organizzare diplomi di formazione per eventuali migranti solo collaborando con Paesi che dissuadono apertamente i propri cittadini a partire, con apposite campagne mediatiche. Una misura dal sapore vagamente paradossale.
Un alleato indispensabile e pericoloso
Il governo Meloni ha bisogno della Lega – senza i cui voti non potrebbe governare – ma non si fida di Salvini, che ha già dimostrato (ricordiamo il crollo del governo giallo-verde) di essere un alleato spregiudicato e inaffidabile. Per di più, Fratelli d’Italia e Lega sono competitor naturali: troppo simili, troppo diretti alla stessa base per potere collaborare senza cercare di divorarsi a vicenda (ricordiamo che i loro social sono quasi identici…).
Fino ad ora, il governo Meloni è stato abile nel gestire il consenso. Ma uno scivolone sull’immigrazione rischia da un lato di compromettere ingenti finanziamenti europei (Von der Leyen ha promesso 500 milioni per il “corridoio umanitario”), dall’altro di cedere la leadership della lotta all’immigrazione all’infido Salvini. Per ora, Meloni sta tentando di tenere in equilibrio le due patate bollenti. Ci riuscirà?