Il valzer dei dirigenti della pubblica amministrazione avviene sempre allo stesso modo, seguendo il susseguirsi dei vari Governi. Ma in questi giorni i dibattiti sullo spoils system proliferano.
Roma – In questi giorni si assiste ad alcuni dibattiti che distorcono una realtà divenuta, ormai, ordinaria amministrazione quando si insedia un nuovo Governo. Una realtà che si vuole far passare, almeno da parte di una certa opposizione, come elemento di novità e di ulteriore posizionamento di potere dell’attuale maggioranza. In effetti è così. Però non vi è nulla di nuovo sotto il sole, eppure le cronache politiche si stanno concentrando sulle future nomine, del governo Meloni, nella pubblica amministrazione.
L’espressione adottata, magari di non immediata comprensione, è quella di “spoils system”, che letteralmente potrebbe essere tradotta con “sistema dello spoglio”. In particolare, nel caso italiano, con questa espressione ci si riferisce alla possibilità per un governo appena insediato di cambiare alcuni funzionari pubblici, sostituendoli con persone di fiducia o maggiore competenza, comunque con quelle con cui c’è più sintonia dal punto di vista politico.
Bisogna ricordare che lo “spoils system” in Italia fu introdotto dalla cosiddetta riforma Bassanini, cioè quell’insieme di leggi approvate alla fine degli anni Novanta che modificarono sensibilmente il funzionamento della pubblica amministrazione, ispirate dall’allora ministro della Funzione pubblica. Lo spoils system all’americana prevede che con il cambio di Governo possano essere rimossi tutti i dirigenti e i funzionari, senza distinzione e senza giusta causa, mentre in Italia non funziona così. Infatti, nel nostro Paese, si applica soltanto ai dirigenti ministeriali e alle agenzie poste sotto il controllo dei ministeri. Per esempio, secondo la riforma, gli incarichi di funzione dirigenziale, come i segretari generali e i direttori generali, “cessano decorsi 90 giorni dal voto di fiducia del nuovo Governo”.
Ciò significa che il Governo Meloni ha avuto tempo fino a gennaio per decidere quali dirigenti mantenere e quali no, salvo deroghe. Dov’è lo scandalo? D’altronde lo spoils system è stato una prerogativa più o meno di tutti i Governi negli ultimi 20 anni, ma a ogni nuovo giro di nomine se ne parla in maniera polemica. Meloni, peraltro, vorrebbe una revisione profonda della legge Bassanini, auspicando un sistema che lasci ancora più libertà alla politica nelle nomine dirigenziali, che insomma dia al Governo più responsabilità “nel bene e nel male”. Prima del 1996, un dirigente poteva tenere l’incarico a vita. Così un Governo si trovava tutti i posti occupati da quelli precedenti e se il dirigente era fannullone o incapace, per liberare il posto doveva promuoverlo, metterlo al Consiglio di Stato, alla presidenza di un ente o di una banca pubblica.
Un paradosso tipicamente italiano. Però tutto diventa immorale nel nostro Paese quando qualcosa viene fatto dalla parte politica avversa. Almeno questa è la percezione che si ricava guardando a un passato abbastanza recente che ha adottato lo stesso sistema, introducendo persino funzionari di partito tra la burocrazia. Mentre l’anomalia si ha quando si inseriscono persone di scarsa competenza e brave solo a fare i “figuranti” o i “signorsì” che spalleggiano il leader di turno. Ma di ciò non si parla, o lo si fa con grande cautela perché tanto lo “fan tutti”, in ogni settore e ambito. Non solo strettamente politico, ma vale per tutte le indicazioni che i partiti danno nelle amministrazioni pubbliche, miste o partecipate.