Kosovo: una bomba ad orologeria sul nostro comodino

Quella balcanica è sempre stata un’area ad altissima infiammabilità. Ma la situazione nello Stato a maggioranza albanese, con una nutrita minoranza serba, rischia di degenerare.

Milano – Mala tempora currunt. Oltre alla situazione ben nota ai più, generata dall’invasione russa dell’Ucraina, che ha avuto il suo esordio a febbraio di quest’anno, c’è un’altra area che si trova in una situazione potenzialmente devastante non solo, ancora una volta, per i Balcani, ma per tutto il Vecchio continente.

Aumentano le tensioni fra Serbia e Kosovo

Si tratta del Kosovo, Stato a riconoscimento limitato già teatro di una sanguinosa guerra tra 1998 e 1999. I contendenti sono i medesimi: il suddetto Stato e la Serbia. La questione tra i due popoli ha radici lontanissime. Bisogna risalire al 1389 e la battaglia è quella di Kosovo Polje, meglio nota come Piana dei Merli. Uno spartiacque per l’identità nazionale del popolo serbo. Si scontrarono da una parte la Serbia del Principe Lazar Hrebeljanoivic e la Bosnia di Vlatko Vucotic, alleate. Dal versante opposto, l’esercito ottomano guidato dal Sultano Murad I. I serbo-bosniaci, enormemente inferiori in numero ed equipaggiamenti, furono spazzati via dagli ottomani. Nonostante ciò quella data ha forgiato la memoria collettiva serba, segnando il risveglio e l’affermazione dell’identità nazionale.

Accelerando il nastro fino a 6 secoli dopo, nella famigerata guerra del 1998 Slobodan Milosević ordinò di “serbizzare” il Kosovo ed eliminare la popolazione di etnia albanese che, ça va sans dire, si organizzò e reagì formando gruppi paramilitari come l’UKC, nonostante l’approccio gandhiano dell’allora leader Rugova. Inevitabile la guerra tra le due fazioni. La situazione precipitò e una gigantesca scia di sangue fece da preambolo all’intervento dell’Onu, che bombardò Belgrado inducendo Milosević alla resa.

Il discorso di Milosević a Gazimestan nel 1989, che infiammò il nazionalismo serbo.

Il Kosovo proclamò dunque unilateralmente la sua indipendenza, che fu riconosciuta da quasi tutti i Paesi dell’Unione Europea. La Serbia, ovviamente, passò la mano. Lo status quo però fu sufficiente a garantire un decennio e più di pace.

Il rancore mai sopito ora però si rinfocola a causa della paura tra la nutrita minoranza serba del Kosovo, la cui presenza nel nord del Paese è considerevole, che il Governo di Pristinaalbanizzi” pian piano tutto il nord del Paese. Il primo passo in tal senso è avvenuto un mese fa con il decreto per la rimozione di tutte le targhe serbe e la relativa sostituzione con quelle kosovare. Soprattutto la municipalità di Mitrovica, popolata in gran numero da serbi, è al centro della querelle.

Lo scenario è preoccupante perché il Governo serbo, rappresentato dal presidente Aleksandar Vučić e dal Primo Ministro Ana Brnabić, non manca di ricordare come in caso di aggressione alla minoranza serba verranno difesi i suoi diritti, con l’invio di militari all’occorrenza.

In rosso scuro le zone a maggioranza serba. In blu quelle a maggioranza albanese.

Da ricordare che la Serbia è da sempre sentimentalmente vicina alla Russia, che dietro le quinte segue con malcelato interesse il susseguirsi degli eventi. Dall’altra parte il Governo di Pristina invece, è notizia di oggi, tramite il suo premier Kurti ha chiesto ufficialmente l’ingresso nell’Unione Europea. Cosa che infastidisce non poco Belgrado, che non ha mai riconosciuto l’indipendenza dello Stato kosovaro.

A rendere più instabile il tutto, l’indizione di elezioni anticipate previste per 18 dicembre a causa della la sostituzione dei sindaci nei 4 maggiori Comuni del nord a maggioranza serba, dopo le recenti dimissioni in massa di tutti i rappresentanti serbi nelle istituzioni kosovare in seguito al “decreto targhe” a cui abbiamo accennato prima.

Il generale Michele Ristuccia, al comando della missione Nato in Kosovo.

Una situazione che ricorda sinistramente quella tra Russia e Ucraina, in un’area ancor più prossima alle nostre coste e storicamente prodiga di conflitti e tensioni. Occorrerà un grande sforzo diplomatico affinché le cose non precipitino. In tal senso, è obbligo e vanto ricordare il lavoro di incommensurabile valore intrapreso dal Generale di Divisione Angelo Michele Ristuccia al comando della missione NATO KFOR, nel Paese dal 1999, e dei suoi ragazzi. Il vero Made in Italy di cui andare fieri.

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