Ottocentomila nuovi poveri in arrivo

Questa è la nefasta ma realistica previsione dello Svimez contenuta in uno studio sul corrente anno che aggiorna l’economia ed il futuro finanziario del Meridione in tempo di guerra e di crisi. Il Governo attuale prenderà atto del documento e dovrà porvi rimedio, in qualche modo.

Roma – Sono ancora tante le cose che non vanno, per colpa della politica e in parte della gente. Il Mezzogiorno se continua ancora a non avere una visione di Paese regredirà, annullando quelle briciole di speranza che avevano alimentato tanto ottimismo. Proprio la mancanza di una progettualità in prospettiva è la grande assente nel rapporto 2022 dello Svimez (associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno), che ogni anno fa il punto sulla situazione dell’economia del Meridione. Infatti è stata presentata alla Camera l’indagine del corrente anno che aggiorna l’economia e le prospettive del Sud ai tempi della guerra e dell’impennata dei prezzi, che da sola genererà quasi 800 mila nuovi poveri.

Togliendo, peraltro, il reddito di cittadinanza si potranno avere conseguenze importanti. Il campanello d’allarme è già suonato. La scossa traumatica è legata alla guerra, che ha cambiato il segno delle dinamiche globali, “interrompendo il percorso di ripresa nazionale coeso tra Nord e Sud” – spiega lo Svimez.

Proprio “gli effetti territorialmente asimmetrici dello shock energetico intervenuto in corso d’anno, hanno penalizzato soprattutto le famiglie e le imprese meridionali, con la conseguenza di riaprire la forbice di crescita del Pil tra Nord e Sud”. Secondo le stime del rapporto, il Pil dovrebbe crescere del +3,8% su scala nazionale nel 2022, con il Mezzogiorno (+2,9%) distanziato di oltre un punto percentuale dal Centro-Nord (+4,0%). Peraltro, l’aumento dei prezzi di energia elettrica e gas si traduce in un aumento in bolletta annuale di 42,9 miliardi di euro per le imprese industriali italiane. Ovviamente, la mazzata sulla ripresa post-pandemica del Sud è arrivata dall’inflazione, che ha eroso miliardi di reddito.

Un’impennata dei costi che implica uno sgretolamento dei margini di redditività particolarmente allarmante, con rischi operativi più concreti per le imprese del Sud. A tal punto che la corsa dell’inflazione potrebbe spingere 760 mila persone sotto la soglia di povertà. La Svimez, comunque, valuta che, “a causa dei rincari dei beni energetici e alimentari, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta potrebbe crescere di circa un punto percentuale salendo all’8,6%, con forti eterogeneità territoriali: + 2,8 punti percentuali nel Mezzogiorno, contro lo 0,3 del Nord e lo 0,4 del Centro”.

Non è tutto. Lo stesso Svimez segnala poi che il caro-prezzi determina impatti più pronunciati sui consumi delle famiglie al Sud. Nel “carrello della spesa” del consumatore medio del Sud, infatti, “è prevalente l’acquisto di beni di consumo, più colpiti dal rincaro delle materie prime. Al Centro-Nord, invece, è maggioritaria la quota in servizi, interessati da una crescita dei prezzi significativamente minore”.

E ce n’è anche per il reddito di cittadinanza, che proprio al Meridione ha il suo bacino principale. Senza di esso le famiglie povere in Italia sarebbero state quasi 2,5 milioni, circa 450 mila in più rispetto al 2020. In particolare, nelle regioni meridionali, senza sussidi l’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie avrebbe raggiunto un picco drammatico di circa 13 famiglie ogni 100 (13,2% al Sud e 12,9% nelle Isole), che grazie agli interventi cala di 3,4 punti al Sud e 4,5 punti nelle Isole. Gli sbocchi lavorativi sono ancora il grande miraggio.

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