La donna avrebbe avuto diverse frequentazioni maschili e non certo tutte adamantine. Una in particolare pare avesse un grande ascendente sulla poveretta, affetta da disturbi psichici, tanto da farle fare qualsiasi cosa. Almeno cosi si diceva in paese. Il collaboratore di giustizia che avrebbe rivelato poco o nulla sulla vicenda pare non sia attendibile.
Bagheria – Sparita o morta ammazzata? Dal 13 novembre 2016 non si hanno più notizie di Giuseppina Francesca Ventimiglia, detta Giusy, 35 anni, scomparsa nel nulla alla periferia del grosso comune siciliano. La donna dopo diversi anni di matrimonio si era separata e ritornava nella casa paterna con un figlio di 16 anni, oggi maggiorenne.
Giusy aveva incominciato a frequentare altri uomini e con l’andar del tempo pare ne frequentasse uno in maniera più assidua. Sembra anche che la donna facesse qualsiasi cosa le ordinasse di fare il nuovo compagno, un poco di buono per altro denunciato per maltrattamenti alla moglie. Poi un fatto lacerava la serena convivenza in casa del padre di Giusy, Filippo Ventimiglia, 72 anni, pensionato: l’uomo si accorgeva del furto della carta bancomat, di soldi in contanti e di alcuni preziosi prelevati dalla sua cassaforte.
Dopo aver chiesto alla moglie Alessandra Fernanda Mancino, poi defunta il 15 marzo 2016, e all’altra figlia Rosy, 45 anni, al figlio Salvatore di 46 e alla stessa Giusy se sapessero qualcosa in merito al furto, e avendone ricevuto risposta negativa, l’uomo denunciava la sottrazione dei suoi beni ai carabinieri di Bagheria il 25 novembre 2015.
Per esclusione degli altri congiunti l’uomo indicava proprio la figlia Giusy quale responsabile del furto informando i militari della vita sin troppo libertina della giovane che, di contro, non ammetterà mai di aver perpetrato il furto né, tanto meno, fornirà informazioni utili su che fine avessero fatto i gioielli di famiglia ed i 10mila euro incassati col bancomat.
In famiglia avevano notato che Giusy non aveva comprato nulla per sé, né per il figlio, dunque che fine aveva fatto la refurtiva? Se non erano per lei a chi avrebbe dato soldi e preziosi? Chi è il ricettatore a cui Giusy avrebbe portato l’orologio Zenith del padre e l’oro di famiglia? Dopo la scomparsa della donna i familiari vengono a sapere, nel modo peggiore, che Giusy si sarebbe anche prostituita.
A gettarla nelle braccia di persone che frequentano un circolo sarebbe lo stesso uomo, sposato, che da qualche tempo la frequentava e di cui si diceva innamorato. Tutte fandonie. L’uomo sarebbe la stessa persona a cui Giusy avrebbe portato i soldi rubati col bancomat e un bel mucchio di contanti ricavati dalla vendita dei gioielli:
”…A Bagheria tutti sapevano di mia sorella e degli uomini che frequentava tranne noi – racconta il fratello Salvo – abbiamo saputo che Giusy si prostituiva dalla stampa dopo la sua scomparsa. Qualcuno ha manipolato ad arte mia sorella costringendola a rubare in casa e vendere il suo corpo. Quel qualcuno conosce il destino di mia sorella, una donna fragile che per amore avrebbe fatto qualsiasi cosa…”.
Anche un pentito di mafia, tale Benito Morsicato, avrebbe riferito che Giusy sarebbe finita in un brutto giro di squillo ma dire questo è come non dire nulla e Morsicato, nato e vissuto a Bagheria, quasi certamente ne dovrebbe sapere di più:
“…Lì hanno cercato? – si sarebbe chiesto il collaboratore di giustizia riferendosi a via del Fonditore – chi lo dice che non l’hanno buttata in qualche buco e poi hanno coperto tutto con le pietre?.. E’ una zona un po’ squallida, ci sono stalle di una famiglia di mafiosi locali, pure se avessero visto qualcosa…Sono delinquenti…”. Insomma come non dire nulla.
Le prime indagini, eseguite dai carabinieri, erano state coordinate dal Pm Eugenio Faletra e poi passate di mano al collega della Procura di Termini Imerese, Guido Schininà, che avrebbe iscritto sul libro degli indagati una persona con l’accusa di omicidio. L’inchiesta passava ancora una volta ad altro pubblico ministero, Carmela Romano, e da questo magistrato inquirente all’attuale Pm Danilo Angelini che prosegue le attività investigative.
Giusy era uscita dalla casa di via Dietro La Certosa 33 di buon mattino, avvolta nella sua mantella rossa. Sono le 7.30 quando la donna si incontra con Floriana, la sua migliore amica, con la quale prende un caffè in un bar del centro.
L’amica del cuore morirà anni dopo ritrattando la sua confessione ovvero affermando di non aver visto Giusy quel maledetto giorno. Alle ore 10.30 Giuseppina Ventimiglia incrocia una coppia di amici che la vedono camminare per via del Fonditore, su cui insistono alcune telecamere di sorveglianza.
A 500 metri dal bar dove aveva fatto colazione con la sua amica, in via Dolce Impoverile, Giusy diventa un fantasma. Forse la donna aveva un appuntamento con il suo assassino, che conosceva e per il quale ormai era divenuta testimone ingombrante.
Il suo cellulare rimarrà agganciato alle celle di un ripetitore di zona sino al tardo pomeriggio quando l’apparato diventerà irraggiungibile. Per sempre.