Viaggio nella ‘Suburra’ delle carceri, dove vivere è sopravvivere

Aggressioni, suicidi e omicidi all’ordine del giorno. A raccontare i numeri spaventosi dell’emergenza il sindacato Osapp.

Roma – Nella ‘Suburra’ delle carceri, sede di quel ‘sottoproletariato umano’ dove vivere è sopravvivere, le aggressioni agli agenti penitenziari sono all’ordine del giorno, i suicidi tra i detenuti aumentano disperatamente e si è raggiunto anche il record degli omicidi dietro le sbarre. Nella ‘Suburra’ delle carceri le condizioni sono miserabili, e il grido di allarme non riesce a scavalcare le mura di cinta che separano il mondo dentro dalla vita fuori. Da quelle pendici che nell’antica Roma scorgevano dal basso il colle del Quirinale, le pendici immaginarie del carcere guardano dagli inferi l’ignavia della classe politica.

In cima alla classifica delle immoralità che colpiscono la detenzione, ci sono le aggressioni quotidiane ai poliziotti penitenziari. A raccontare la vita dentro è Aldo Di Giacomo, della segretaria dell’Osapp, sindacato autonomo della polizia penitenziaria, che non condivide i giudizi sulla situazione carceraria espressi dal sottosegretario Andrea Delmastro e dal Guardasigilli Carlo Nordio. Il 2023 e le cronache di queste prime settimane del 2024 segnano, purtroppo in una terribile continuità l’acuirsi dell’emergenza.

Così Di Giacomo ha avviato un nuovo tour tra gli orrori della ‘Suburra’ dietro le sbarre. “Partiamo dai dati del 2023: sono stati oltre 1800 i poliziotti penitenziari mandati in ospedale con una prognosi dai 7 giorni in su perché picchiati dai detenuti, con una media di 5 al giorno. Circa 350 sono i poliziotti penitenziaria finiti in ospedale in Lombardia, 280 in Piemonte-Valle d’Aosta-Liguria, 270 in Sicilia, 260 nel Lazio-Abruzzo-Molise, 210 in Veneto, oltre 200 in Campania, come in Emilia Romagna e Marche, 190 in Toscana-Umbria, 180 in Puglia-Basilicata, 160 in Calabria e 120 in Sardegna.

Due agenti della polizia penitenziaria

Un bollettino di guerra vero e proprio. Delmastro, oggi in visita al carcere di Massa, ha promesso che per mettere in sicurezza i penitenziari entro marzo 2024 per ogni istituto, oltre il direttore, ci sarà un comandante. Ben cosciente del problema delle aggressioni e della carenza di organici ha spiegato che ci sono corsi attivi e lo scorrimento delle graduatorie per 248 agenti. E sull’edilizia penitenziaria ha detto che sono stati sbloccati 84 milioni di euro dal Pnrr, e altri 166 milioni fermi da 15 anni in attesa di destinazione sono stati sbloccati per aumentare i posti detentivi e risolvere le carenze, risolvendo un problema che andava avanti da 70 anni”.

Che l’emergenza carceri sia annosa, Di Giacomo lo sa. Ma non gli è affatto piaciuta la frase pronunciata dal sottosegretario alla Giustizia, con delega alla polizia penitenziaria, sui ‘segnali di luce in fondo al tunnel’ . La luce non si vede. Come respinge al mittente la frase del ministro Nordio sui ‘suicidi dei detenuti inevitabili‘. Già, i suicidi. A Poggioreale un 36enne si è tolto la vita, il terzo caso in una settimana. Una piaga che ha raggiunto numeri record come le morti a vario titolo che hanno superato le 200 in un anno. Il 2023 è stato anche l’anno record degli omicidi in carcere, ben 4, cosa mai verificatasi prima; per non parlare dei 2mila telefonini ritrovati ed uno spaccio di droga di decine di milioni di euro.

“Le dichiarazioni del ministro dimostrano che lo Stato ha issato bandiera bianca – sottolinea il segretario Osapp -, ma anche di come vi sia una confusione all’interno dello stesso ministero della Giustizia; infatti, da una parte il sottosegretario Delmastro dichiara che il problema del sovraffollamento è risolto visto che è stato previsto un aumento dei posti letto di 7mila unità, Nordio dice che l’unico modo per risolvere il sovraffollamento è far scontare la pena agli extracomunitari nel loro paese”.

intercettazioni il giornale popolare
Il ministro Carlo Nordio

“Il sottosegretario, inoltre, continua a parlare di un incremento organico di 5mila unità con il quale avremmo risolto il problema della carenza organica” ma ad avviso dell’Osapp “è inaccettabile ascoltare da Delmastro l’esaltazione di nuove assunzioni programmate che di fatto non coprono nemmeno i vuoti di organico prodotti da pensionamenti e pre-pensionamenti. La storia di amore tra sindacati di polizia penitenziaria e Delmastro, di cui per giorni si sono occupati giornali e media, ammesso che ci sia stata realmente, è già finita“.

Sull’ennesimo suicidio avvenuto nell’istituto napoletano di Poggioreale, il terzo in una settimana, a parlare è il Garante campano delle persone private della libertà personale, Samuele Ciambriello: “I suicidi in carcere hanno un tasso venti volte superiore alla media nel nostro Paese. Che cosa sta succedendo nelle nostre carceri? I detenuti che si suicidano non hanno un fine pena mai, come nel caso anche dell’ultimo detenuto di Poggioreale che sarebbe uscito da qui a un mese”.

Nella ‘Suburra’ delle carceri aumenta l’aggressività ma le fragilità spesso escono allo scoperto in modo violento. “Sono detenuti con una fragilità tale che entrando in carcere tentano il suicidio o ci riescono”, spiega il Garante, detenuti che si tolgono la vita anche se le porte per la libertà stanno per spalancarsi. “Allora la politica e le istituzioni ai vari livelli, cosa possono fare per intervenire?”, si chiede, snocciolando le tristi percentuali dei suicidi a cui si aggiungono i tentati suicidi, sventati grazie al pronto intervento degli agenti di Polizia penitenziaria e dei compagni di cella.

Nella ‘Suburra’ delle carceri, anche tutte le forme di autolesionismo si muovono in libertà. La solitudine è talmente assordante da prendersela con se stessi. Secondo il Garante Ciambriello servirebbe “un lavoro di gruppo” per affrontare questa emergenza, agendo sulle figure professionali che mancano, come quelle di ascolto che fanno da ponte tra l’interno e la famiglia, l’interno e la magistratura, l’interno e l’esterno della società civile“. Dunque, “bisogna intervenire sui programmi di trattamento. Molte volte – aggiunge – i detenuti vivono un tempo vuoto, non svolgono attività trattamentali, di socialità o di lavoro”.

Per non parlare dell’infamia degli innocenti sbattuti in carcere. Per loro la cella diventa ‘uno schianto che non si può dire’, citando le parole del simbolo degli innocenti. Enzo Tortora. Che il carcere lo ha conosciuto bene, quella ‘cella 16 bis, con altri cinque disperati’ e di fronte solo ‘un muro di follia’. Il racconto del conduttore di Portobello è nudo e crudo, da quell’osservatorio ‘spaventoso’ da cui i detenuti guardano il mondo fuori, dove i presidi primordiali di ogni Stato di diritto vengono divorati.

‘Uno spettacolo agghiacciante’, è la definizione di Tortora di quel vivere nelle miserie del ‘sottoproletariato umano’, laggiù, tra gli uomini che chi sta sul colle del potere ha dimenticato.

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