VENEZIA – NON AVEVA MOTIVI PER SUICIDARSI. QUALCUNO PER AMMAZZARLA SI.

Tanti gli interrogativi che fanno ipotizzare una messinscena per depistare le indagini. C'erano più motivi per eliminarla di quanti non ne avesse l'agente penitenziaria per togliersi la vita. Una poliziotta scomoda.

Venezia – Era una poliziotta scomoda, per questo sarebbe stata uccisa. Per la Procura veneta si sarebbe trattato di suicidio e la definizione dell’archiviazione del caso si terrà nell’udienza del prossimo 29 luglio. Per i familiari di Maria Teresa Trovato Mazza, detta Sissy, 28 anni, agente di polizia penitenziaria in servizio presso “La Giudecca” di Venezia, si sarebbe trattato invece di omicidio.

La poliziotta penitenziaria durante la sua attività sportiva preferita.

La donna, infatti, era stata ritrovata ferita gravemente da un colpo di pistola in testa vicino ad un ascensore dell’ospedale del capoluogo veneto il 1 novembre del 2016. La coraggiosa poliziotta, originaria di Taurianova in Calabria, spirava due anni dopo, il 12 gennaio del 2019, a causa dei postumi della gravissima ferita che le aveva devastato il cervello. Per i genitori ma anche per altre persone qualificate Sissy non era sola vicino l’ascensore. Dentro infatti ci sarebbe stata un’altra persona che l’avrebbe uccisa per poi inscenare la commedia del suicidio. La perizia di parte, infatti, dimostrerà che se Sissy si fosse davvero suicidata con la sua pistola d’ordinanza sulle maniche della vittima si sarebbero dovute rilevare tracce di sangue che, di contro, non sarebbero state trovate.

A destra l’ingresso dell’ascensore dove è stato ritrovato il cadavere.

Il movente per arrivare all’omicidio sarebbe poi più che palese: Sissy aveva denunciato più volte ai suoi superiori un cospicuo giro di droga fra agenti e detenuti oltre a rapporti sessuali, e sentimentali, fra il personale del carcere e le recluse. Stante almeno alle dichiarazioni di una detenuta poi finita sotto accusa per calunnia a seguito delle responsabilità attribuite ad altro agente penitenziario. Il Pm Elisabetta Spigarelli, che si occupa del caso, avrebbe cercato riscontri alle dichiarazioni della reclusa che, di contro, non avrebbe trovato nonostante la donna avesse reiterato le notizie in suo possesso. Dopo le rivelazioni della poliziotta penitenziaria l’atmosfera sul posto di lavoro si sarebbe fatta incandescente per la vittima tanto da meditare un eventuale trasferimento. Poi il drammatico epilogo.

Chi c’era accanto a Sissy?

Sissy nella mattinata del 1 novembre del 2016 si trovava presso l’ospedale civile di Venezia per far visita ad una detenuta di nome Jessica che aveva partorito da poco. Le due donne sarebbero rimaste insieme a parlare qualche minuto dei diritti dei detenuti di cui Sissy si occupava per evitare loro maltrattamenti e soprusi. La poliziotta, sorridente come sempre, si sarebbe congedata dalla puerpera e sarebbe uscita dalla stanza con l’intenzione di uscire dall’ospedale per raggiungere gli uffici de La Giudecca con un motoscafo.

Il carcere “La Giudecca” di Venezia.

La donna, invece, si sarebbe diretta verso un ascensore del piano terra (una telecamera di sorveglianza la inquadra mentre cammina verso l’ascensore) dove poco dopo sarebbe stata ritrovata, supina sul pavimento, in un lago di sangue. Sissy sarebbe stata colpita da un solo colpo alla testa sparato dalla Beretta calibro 9×19 in dotazione alle forze dell’Ordine che le trapassa il cranio da parte a parte provocandogli danni cerebrali da subito giudicati irreversibili. Sissy viene immediatamente soccorsa e condotta in elicottero all’ospedale di Mestre dove i medici fanno quello che possono senza dare speranze. La donna rimarrà in coma per due anni prima di spirare il 12 gennaio del 2019 per le gravissime ferite riportate al cervello, ormai incompatibili con la vita. L’agente era nota per la sua professionalità nell’espletamento delle proprie mansioni che, pare, l’avessero però portata ad occuparsi di buste paga.

Sulla pistola d’ordinanza nessuno impronta, che strano.

Una sorta di presunto demansionamento dopo quelle imbarazzanti denunce di spaccio di droga e comportamenti illeciti di alcuni colleghi nei riguardi di diverse detenute le cui testimonianze erano state raccolte da Sissy e consegnate ai dirigenti. Quelle denunce pare siano rimaste nel cassetto mentre diverse sanzioni disciplinari sarebbero state comminate all’agente Trovato Mazza che sembra abbia sempre operato nel rispetto della legge.

I postumi della gravissima ferita riportata al cervello, dopo due anni, non le hanno dato scampo.

Dalle indagini emergevano anche diverse incongruenze: sembra che nessuna impronta digitale sia stata rilevata sulla pistola della vittima. Com’è possibile? Chi sarebbe quell’uomo che pare sia passato sotto la telecamera in orario compatibile con il delitto? Perché il cellulare della vittima, che portava sempre con sé, verrà ritrovato nel suo armadietto due giorni dopo? Domande che, al momento, non hanno ottenuto risposta. 

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa