L’imprenditrice di Lerici: “L’incubo non è ancora finito, il mio avvocato mi ha spiegato che forse sarò sottoposta all’obbligo di firma”.
Guinea Bissau – Dopo giorni di allarme e tensione è stata rilasciata in Guinea-Bissau l’attivista e imprenditrice italiana Valentina Cirelli. È quanto si apprende da fonti diplomatiche, che sottolineano che il caso era stato seguito fin dal principio dall’ambasciata italiana a Dakar, in raccordo con la Farnesina, e continua a essere seguito. Lo scorso 24 aprile era emerso che Cirelli, residente da circa 20 anni in Guinea-Bissau e proprietaria di un piccolo hotel insieme al padre, era stata messa in stato di fermo il 19 aprile dalla polizia nella zona di Ingoré, vicino al confine con il Senegal, e il giorno dopo, il 20 aprile, era stata portata dalla polizia nella capitale Bissau.
Secondo quanto era emerso, l’accusa per la connazionale sarebbe stata quella di aver partecipato a delle manifestazioni con atti vandalici ai danni di una società cinese titolare di una concessione per lo sfruttamento del suolo per l’estrazione di risorse minerarie. Cirelli è originaria di Lerici, in provincia di La Spezia. Il primo a dare la notizia dell’arresto era stato il 23 aprile il sindaco di Lerici, Leonardo Paoletti. “Sono molto stanca, ma finalmente libera dopo dieci giorni e dieci notti che sono sembrati dieci mesi’‘ in un
carcere in Guinea-Bissau. Libera, ma ”non so ancora a quali condizioni”, dice all’Adnkronos Valentina Cirelli, spiegando che nel Paese è in corso ‘‘lo sciopero dei giudici, che durerà una o due settimane” e almeno fino ad allora non conoscerà le condizioni del suo rilascio.

”L’incubo non è ancora finito’‘, prosegue, ”il mio avvocato mi ha spiegato che forse sarò sottoposta all’obbligo di firma”, ma non si sa con quale periodicità e ”non so nemmeno quando ci sarà il processo, ma so che ci sarà”. Quello che Cirelli sa è che è stata accusata “di istigazione, di aver istigato la popolazione locale a incendiare l’auto di un’azienda cinese, la Gmg international, che sfrutta una miniera di sabbie pesanti a Varela”. Ma ”contro di me non c’è alcuna prova, io sono innocente. Mi hanno voluto far pagare 10 anni di denunce contro l’esplorazione di una miniera abusiva”. Questa consapevolezza, racconta, ”mi ha dato forza in carcere. Dove per un periodo sono stata tenuta in isolamento’‘ e dove ”ho dormito su una spugna per terra, nella sporcizia e con un caldo atroce, un giorno per sei ore non mi hanno permesso di andare in bagno”. E questo perché ”avevo chiesto di parlare con il mio avvocato”, ma ”per giorni me lo hanno impedito, sono stati negati i miei diritti”.
A darle ”una grandissima forza” è stato ”l’incontro con il console. Da mercoledì è venuto tutti i giorni e lo ringrazio dal profondo del mio cuore. Mi ha detto che dall’Italia stavano muovendo le montagne per farmi tornare libera e questo mi ha dato molta forza”. Ora Cirelli, che vive da dieci anni in Guinea-Bissau dove gestisce un piccolo hotel, racconta di ”non avere paura: mi sento protetta e ho fiducia nella giustizia”. Una fiducia che però, dietro le sbarre, ha vacillato. ”Quando resti chiuso in una cella la mente va – racconta – Ho pensato che avessero fabbricato prove false, che avessero pagato qualcuno per accusarmi”. E poi, ancora, ‘‘ho pianto, urlato di rabbia contro il governo, condannato la tirannia e l’abuso di potere, gridato che mi
venivano negati i miei diritti”.

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani aveva assicurato: “faremo pressioni perché venga liberata al più presto in attesa della definizione del suo caso”.“Chiediamo che vengano garantiti i suoi diritti e l condizioni di detenzione, continueremo a seguire il caso come facciamo con tutti i cittadini italiani all’estero”, ha aggiunto Tajani. Nata a La Spezia da padre italiano e madre guineana, la 48enne sarebbe accusata di aver preso parte a manifestazioni con atti vandalici ai danni di una società cinese, titolare di una concessione per l’estrazione di minerali. La Farnesina sta seguendo il caso. Le ultime notizie sulla sua detenzione risalgono a martedì 22 aprile, quando gli avvocati hanno appreso che non è possibile contattarla per “ordine superiore”.
Gli avvocati avevano presentato richiesta di ‘Habeas Corpus’, cioè di rilascio immediato in mancanza di accuse formali, ma è stata respinta. E ancora, i legali hanno presentato l’istanza presso il giudice istruttore penale affinché venga riesaminata. Nel frattempo un’ampia comunità si è mobilitata a suo sostegno, chi sul posto portando cibo chi dall’estero per crowdfunding e comunicazione con le istituzioni. “Valentina sta bene, ha una grande forza morale e psichica, sta resistendo alla grande in cella, le vengono passati alimenti, ma non le è possibile accedere al telefono. Si trova quindi isolata insieme ad altre quindici persone”, ha raccontato all’Adnkronos Alessandra Manzini, una ricercatrice e conoscente di Valentina Cirelli. E’ riuscita ad ascoltare la voce di Cirelli, registrata da una persona che le ha fatto visita in cella nei giorni scorsi.