USO AGIR TACENDO. IN SILENZIO E’ MORTO IL MARESCIALLO EROE.

Lo aveva tirato in ballo un pentito in un processo per mafia. Prosciolto con formula piena era stato abbandonato dai vertici dell’Arma e sbrigativamente posto in congedo. Medaglia d’argento per aver salvato diverse vite umane durante uno scontro a fuoco. Poi la malattia e il dolore per la sua carriera stroncata dalle menzogne dei delinquenti.

Aci Sant’Antonio Maresciallo dei carabinieri accusato di collusione con la mafia muore da innocente dopo anni di patimenti e sofferenze. Lo accusava un pentito ma il sottufficiale non era una talpa di cosa nostra. Verrà assolto con formula piena nei tre gradi di giudizio ma la sua vita era ormai irrimediabilmente distrutta. Poi la grave malattia, il congedo sbrigativo dall’Arma e la morte, il mese scorso.

Il maresciallo Orazio Castro, medaglia d’argento.

Il maresciallo Orazio Castro, medaglia d’argento al valor militare, storico comandante della stazione dei carabinieri di Aci Sant’Antonio, in provincia di Catania, si è spento all’età di 68 anni il 3 aprile scorso per una grave malattia. La patologia certamente ha avuto la meglio sull’uomo ma non sul militare che, per quindici lunghi anni, ha dovuto combattere nelle aule di giustizia per dimostrare di non essere contiguo alla malavita organizzata come aveva fatto intendere un balordo di pentito da due soldi. Castro era stato tirato in ballo perché carabiniere integerrimo. Di quelli benvoluti dalla gente per bene e rispettati dai criminali per il coraggio e l’abnegazione dimostrati in servizio. Castro però meritava una lezione. Una lezione forte e credibile che minasse per sempre la sua dignità e l’orgoglio di appartenente all’Arma per quarant’anni di fila con un curriculum professionale degno di un eroe. Di fronte a un’accusa di un pentito, è notorio, i documenti non contano. Non contano foglio matricolare e medaglie, non contano ferite né conflitti a fuoco. Contano, e tanto, menzogne e falsità, delegittimazioni e “mascariamenti” purché serviti agli inquirenti in un piatto d’argento.

L’allora decorato brigadiere Castro durante una cerimonia per il conferimento dell’ennesima onorificenza.

Così è stato per Orazio Castro che, all’improvviso, si era visto al centro di un’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa nel contesto del processo a Sebastiano Scuto, il re dei supermercati. Un collaboratore di giustizia l’aveva accusato di passare informazioni riservate al clan mafioso dei Laudani. La Suprema Corte di Cassazione, dopo le assoluzioni di primo e secondo grado, dichiarava inammissibile il ricorso della Procura generale etnea trasformando in definitiva la sentenza di proscioglimento. Ormai però la salute ed il morale del maresciallo Castro erano stati messi a dura prova ma la cosa che gli scottava di più era quella di sentirsi abbandonato dai vertici dell’Arma, eccezion fatta per alcuni ufficiali che gli erano stati sempre vicini.

L’allievo Castro alla Scuola allievi Carabinieri di Iglesias. L’Arma sempre nel cuore.

Il sottufficiale è morto con questo dramma nel cuore e qualcuno dovrebbe passarsi la mano sulla coscienza:

”…L’Arma dei carabinieri era tutta la sua vita – racconta il fratello Francesco – non osservava orari, festività e non ha mai chiesto un giorno di malattia. È stato un carabiniere pluridecorato per essere intervenuto durante una sparatoria in piazza ad Aci Sant’Antonio, colma di persone, riuscendo a salvare la vita di due cittadini che erano stati raggiunti da colpi d’arma da fuoco e, contemporaneamente, era riuscito a trarre in arresto uno dei sicari senza ricorrere all’uso della pistola d’ordinanza, per non compromettere l’incolumità dei passanti. Ha salvato una persona da dentro un’abitazione in fiamme e così via. Nel 1993 passava alla Dia di Catania poi il calvario che durerà 15 anni. Infine le malattie, l’inidoneità al servizio e l’Arma che gli volterà le spalle. Sino alla morte…”.

Il colonnello Sergio Di Caprio.

Vale la pena citare le parole di un ufficiale che non ha dimenticato quel fiero comandante di stazione: ”… In silenzio muore il maresciallo Orazio Castroscrive su Twitter il capitano Ultimo, al secolo il colonnello Sergio Di Capriofesteggiano le jene sui cadaveri dei Leoni uccisi pensando di avere vinto. Ma le iene rimangono iene e i Leoni, Leoni. Lui combatte lui vive. È morto il maresciallo Castro, perseguitato dalla giustizia…”.

L’avvocato Tommaso Tamburino.

Accanto alla vittima dell’ingiustizia c’è stato sempre il suo difensore, l’avvocato Tommaso Tamburino: ”… Il processo ha distrutto la vita di un fedele servitore dello Stato – ha concluso il penalista – chi lo accusava era stato oggetto di serie indagini da parte sua, come sarà possibile risarcire un uomo cosi per quello che ha perduto?..”. Orazio Castro non ha mai perso la sua dignità. Altri non l’hanno mai avuta.

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