La riforma della giustizia tarda ad arrivare. Il Governo Meloni, attraverso il ministro di competenza Carlo Nordio, sta prendendo tempo. Paura di scontentare le toghe o semplice difesa di interessi particolari?
Roma – L’Italia si è impegnata con l’Unione Europea a ridurre del 40% la durata dei processi e di eliminare il 90% degli arretrati nelle aule dei tribunali. Non solo, nonostante si sia sempre parlato di “giustizia lumaca”, per la lentezza dei processi e l’incertezza del diritto, ancora vi sono solo timide parole. Per ottenere il pagamento di un credito infatti ci vogliono anni. Chi verrebbe in Italia dall’estero a fare affari e investire?
Proprio questa riluttanza costa 2 punti di Pil, una cifra stimata in circa 40 miliardi di euro. Insomma, un mantra che anche l’attuale responsabile del dicastero di via Arenula non perde occasione di evidenziare. Ma la riforma della giustizia, targata Nordio, tarda ancora ad arrivare e si perde tempo forse per paura di scontentare i magistrati ed evitare di far pensare che il Governo Meloni intende andare a fondo per una vera ripulita delle incrostazioni consolidatesi negli anni. Per esempio, quel pacchetto di leggi che prevedeva la valutazione del magistrato, gli incarichi direttivi del Csm che vanno dati per merito, le nuove norme sul disciplinare ed il fascicolo di valutazione individuale del magistrato, che fine hanno fatto…?
Sono tutte leggi approvate sulla carta, ma che non riescono a vedere la luce. Troppi gli interessi particolari in ballo, evidentemente. E non sempre trasparenti e disinteressati. C’è di più, come la riforma che prevede il taglio del numero dei magistrati fuori ruolo che è stata messa, per la sua attuazione, nelle mani proprio dei magistrati fuori ruolo. Incredibile e paradossale. Come chiedere al tacchino in che modo preferisce essere cucinato a Natale. In ogni caso, la risposta formale che viene fornita è che al momento non ci sono le condizioni, pertanto vanno acquisiti pareri, bisogna inoltre valutare le norme europee e tante altre apparenti motivazioni che giustificano l’inerzia. Insomma, se non c’è la volontà politica tutto rimarrà, come sempre, nelle mani di tecnici “interessati”, certamente competenti, ma che non hanno interesse a velocizzare l’iter, ma l’esatto contrario.
D’altronde, quando vi è un qualsiasi mal funzionamento o un iter burocratico arcaico viene sempre affermato che vi sono problemi tecnici e, comunque, che per velocizzare il sistema vi è una tempistica da rispettare o che si sta provvedendo. Infatti, fino a quando non vi sarà una guida rigorosa della politica che richiama all’esecutività delle leggi votate, non si farà alcun passo in avanti. Anzi, avviene l’esatto contrario. Allora, in questi casi, si procederà alla proroga dello status quo. Un vero abominio, come lo ha definito Enrico Costa, deputato di Azione-Iv. In particolare, vi è una legge-delega, coraggiosa ma parziale, che rischia di dissolversi nell’oblìo più assoluto e nell’inerzia contaminata da tanti banali interessi di bottega. Di proroga di un anno ha parlato lo stesso Nordio, rispondendo a Montecitorio a una interrogazione. Intanto sulle riforme votate durante il governo Draghi questo esecutivo fa orecchie da mercante. Non si vuole, forse, fare un torto alle toghe.
Lo sciopero che era stato indetto da Anm, all’unanimità, contro il fascicolo di valutazione individuale del magistrato è uno dei casi più eloquenti. Deciso in forza di legge, viene aggirato. Posticipato scientemente. Rimandato, cioè, alle calende greche in vista dell’adozione di regolamenti attuativi.
“Tutte scuse. Si pensi, infatti, a tutti gli incarichi extragiudiziali che salterebbero, se si vuole capire perché si rimanda tanto. E sono davvero sorpreso che ad avere tanto timore reverenziale verso la magistratura sia proprio questo governo, la cui maggioranza aveva rimproverato a Cartabia di essere troppo debole” afferma il parlamentare Costa.
E adesso, per esprimere un definitivo giudizio bisogna attendere cosa il Governo intenda fare. Anche se lo sprint iniziale è mancato. Del ministro Nordio verranno ricordati i fatti, non le parole e le proprie valutazioni nelle tante bibliografie presenti.