Il Reddito di cittadinanza è nel mirino della Commissione Europea, che lo ha definito contrario alla libertà di circolazione e contro i cittadini non italiani dell’Unione e ha attivato una procedura d’infrazione.
Roma – Il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, così “non è in linea con il diritto dell’Ue” e per questo motivo è stato deciso di avviare una procedura d’infrazione. La discriminazione riguarda due aspetti non indifferenti, che concernono i beneficiari di protezione internazionale i quali, in quanto tali, non possono godere del sostegno al reddito. In pratica alle persone fisiche presenti su suolo nazionale non è concesso accedere al beneficio.
Il secondo punto di sofferenza è legato al requisito di almeno 10 anni, di cui 2 consecutivi, di residenza nel Paese. Condizione che, secondo Bruxelles, si qualifica come “discriminazione indiretta” in quanto è evidente e, comunque, molto probabile che i cittadini non italiani non possano soddisfare questo criterio. Insomma, è un modo per eludere il principio di eguaglianza e pari dignità. Il monito è chiaro, “le prestazioni di assistenza sociale, tra cui proprio il reddito di cittadinanza, dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell’Ue sia che siano lavoratori subordinati, autonomi o che hanno perso il lavoro, cioè indipendentemente dalla loro storia di residenza” ha sottolineato la Commissione in una nota.
Non solo, i benefici del reddito, è stato riferito ulteriormente, dovrebbero infatti essere allargati ai cittadini comunitari che “non lavorano per altri motivi, con la sola condizione che risiedano legalmente in Italia da più di tre mesi e sono soggiornanti di lungo periodo al di fuori dell’Ue”. Ma i problemi non finiscono qui, perché in realtà, almeno stando ai rilievi della Commissione, la manovra fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle e sostenuta in prima istanza dalla Lega, produce un effetto boomerang dagli effetti dirompenti. Infatti, si impedirebbe, di fatto, ai cittadini italiani di trasferirsi per lavoro fuori dal Paese, in quanto perderebbero il diritto al reddito minimo al rientro in Italia. Una ulteriore, quindi, discriminazione anche per gli italiani. Per questi motivi al Governo Meloni viene inviata una lettera di messa in mora con la richiesta di rispondere, entro 2 mesi, ai rilievi mossi.
L’Italia, in tal modo, si trova in una situazione delicata, però già ampiamente conosciuta e sottovalutata. Pertanto, non sorprende molto la notizia della procedura d’infrazione, poiché già nel 2018 il presidente del Cnel, Tiziano Treu, avvertì proprio dei rischi giuridici a cui si andava incontro. In sostanza, sarebbe inaccettabile, secondo il diritto europeo, che una prestazione assistenziale come il reddito di cittadinanza possa essere data solo agli italiani. Il governo giallo-verde costituito da Movimento 5 Stelle e Lega, nonostante l’avvertimento di Treu, decise di andare avanti. La Commissione europea adesso conferma quell’assunto. Peraltro, l’Ue accolse in maniera tutt’altro che convinta la manovra di allora, mettendo nel mirino anche il reddito di cittadinanza. Alla luce di questa procedura d’infrazione si offre oggi una sponda politica di non poco conto a Giorgia Meloni, che ha annunciato, appena insediata, l’abolizione della misura a partire dal 2024.
Intanto la ministra del Lavoro Marina Calderone afferma che è necessario introdurre controlli ex ante sulla titolarità a ricevere sussidi come il reddito di cittadinanza e le altre integrazioni al reddito.
“È importante che non venga negato il sussidio a chi ne ha veramente bisogno e che ci siano gli strumenti per negarlo a chi lo usa in modo improprio, sottraendo una parte importante di risorse che possono essere impiegate a beneficio della comunità” ha sottolineato la ministra.
In definitiva un controllo ex ante eviterebbe una corresponsione impropria e non obbligherebbe a un recupero successivo, molto spesso dagli esiti infruttuosi.