Bujar Fandaj

Massacrò Vanessa Ballan con otto coltellate: ergastolo per Bujar Fandaj

L’albanese, già denunciato per stalking e revenge porn, aggredì la 26enne con cui aveva avuto una storia a Riese Pio X: riconosciuto colpevole di omicidio aggravato.

Treviso – È stato condannato all’ergastolo Bujar Fandaj, 40 anni, artigiano albanese residente ad Altivole (TV), ritenuto colpevole dell’omicidio di Vanessa Ballan, 26 anni, avvenuto a Riese Pio X il 19 dicembre 2023. Lo ha deciso la Corte d’Assise di Treviso, accogliendo la richiesta della pubblica accusa al termine di un processo che ha ricostruito nei dettagli il drammatico epilogo di una relazione finita da mesi e mai accettata dall’imputato.

Vanessa, giovane madre e in attesa del secondo figlio, fu trovata senza vita dal nuovo compagno nella casa che condividevano. Il corpo presentava diverse ferite da arma da taglio, inferte con inaudita violenza. La donna era in congedo maternità e lavorava come cassiera in un supermercato del posto.

Una vendetta maturata nel tempo

I sospetti si concentrarono fin da subito su Fandaj, con cui Vanessa aveva avuto una relazione extraconiugale, chiusa nell’estate del 2023 per volontà della ragazza. L’uomo, incapace di accettare la fine del rapporto, avrebbe avviato una campagna persecutoria nei suoi confronti culminata nella diffusione di immagini intime, inviate al compagno della giovane con l’intento di vendicarsi.

Per tali fatti, Fandaj era già stato denunciato per stalking e revenge porn. Un’iniziativa che aveva momentaneamente interrotto i suoi comportamenti molesti. Ma la pausa fu solo apparente.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il 19 dicembre 2023 Fandaj forzò una porta finestra e si introdusse nell’abitazione della donna. Qui, armato di coltello, colpì Vanessa otto volte, lasciandola esanime sul pavimento. Poi tentò la fuga, cercando di organizzare un allontanamento dal Paese.

Fu però fermato poche ore dopo dai Carabinieri nella sua abitazione. In un primo momento confessò, salvo poi tentare di sminuire le sue responsabilità negando la premeditazione. Ma le prove raccolte, comprese le modalità dell’agguato e i messaggi precedenti all’omicidio, hanno convinto la Corte della sua piena colpevolezza.

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