Alessio Spiaggia, 30 anni, autore di una maxi-frode a Palermo da almeno 800 mila euro ai danni di ignari clienti convinti di fare l’affare.
Palermo – Una maxi-frode da almeno 800 mila euro ai danni di ignari clienti, convinti di fare l’affare della loro vita acquistando anche una Maserati e diverse Audi di grossa cilindrata. Nella sua truffa sono cadute oltre 70 persone: per Alessio Spiaggia, 30 anni, la condanna a 8 anni di carcere con il rito abbreviato, è diventata definitiva. Noleggiava macchine, le reimmatricolava e poi le faceva acquistare a chi abboccava, all’insaputa ovviamente anche dei veri proprietari. E così è andata avanti per molto tempo. Fino all’arresto il 4 novembre del 2021, sulla scorta delle indagini della guardia di finanza di Bagheria. Lui all’epoca aveva 27 anni e i suoi clienti, come ricostruito dagli inquirenti, erano convinti di fare l’affare acquistando finalmente la macchina dei loro sogni ma alla fine si erano ritrovate senza neppure un euro.
Il processo di primo grado, si era concluso il 16 dicembre del 2022 davanti al gup Annalisa Tesoriere, che aveva inflitto all’imputato 8 anni e 7 mesi. La Corte d’Appello l’aveva poi ridotta appunto a 8 anni. E’ proprio questa seconda sentenza, emessa il 12 dicembre dell’anno scorso, che è stata impugnata da Spiaggia, perché riteneva di aver diritto ad una riduzione della pena in virtù, tra l’altro, di un “apprezzabile contributo offerto alle indagini ed all’ampia collaborazione con gli inquirenti, con riferimento alla confessione resa in relazione ad alcuni fatti per i quali non era all’epoca neppure indagato”. Ma la seconda sezione della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del 30enne, tra l’altro condannato a versare 3 mila euro alla Cassa delle ammende. Erano circa 70 le parti civili costituite in giudizio.
La Suprema Corte ha ritenuto infondate le ragioni del ricorso di Spiaggia, giudicando priva di vizi la sentenza d’appello in cui i giudici avevano stigmatizzato come il 30enne aveva fatto delle truffe, dei falsi in atti e degli autoriciclaggi dei veri e propri strumenti di lavoro, dei quali si serviva in modo seriale e sistematico, anche dimostrando spregiudicatezza manipolatoria”. Inoltre l’imputato “aveva commesso condotte illecite anche dopo che gli era stata applicata la misura cautelare e non aveva fornito alcuna indicazione sulla destinazione del denaro provento dei commessi reati”.