Troppo alcol e pochi soldi, la resa dei conti tra fratelli diventa un pestaggio mortale

A Cilavegna, nel Pavese, Giuseppe Sgroi è stato ucciso nella cucina di casa a calci e pugni. Erano presenti il fratello Massimo e un convivente pregiudicato, entrambi arrestati per omicidio.

CILAVEGNA (Pavia) – Ucciso a calci e pugni in faccia nella cucina di casa. Il fratello della vittima ed un amico, entrambi conviventi, rigettano le accuse di omicidio ma rimangono dietro le sbarre. Il fatto di sangue risale alla notte fra il 27 ed il 28 agosto scorsi quando Giuseppe Sgroi, 54 anni, operatore ecologico nel paese lomellino in provincia di Pavia, incontrava in un bar il fratello Massimo di 52 anni, incensurato, con il quale pare avesse avuto un’animata discussione alla presenza di diverse persone. I due abitavano al terzo piano di una palazzina in via dei Mille, dove era domiciliata anche un’altra persona, tale Giuseppe Di Stefano, 34 anni, con precedenti a suo carico.

L’abitazione dei fratelli Sgroi posta sotto sequestro

Nell’appartamento interno di un fabbricato arancione che insiste sulla strada che divide il paese, i due germani avrebbero ripreso a litigare alla presenza del loro coinquilino, da un paio di mesi stabilitosi nella medesima dimora. Secondo una prima ricostruzione dei fatti effettuata dai carabinieri della Compagnia di Vigevano, diretti dal tenente Antonietta Giordano, subito dopo cena si sarebbe scatenata una ennesima, violenta discussione fra i tre uomini che pare avessero fatto anche abuso di alcol. Quando i militari sono giunti sul luogo, avvisati da alcuni cittadini infastiditi e spaventati da rumori e urla, hanno ritrovato il corpo senza vita dell’operaio ecologico riverso sul pavimento della cucina.

Il volto era una maschera di sangue dunque è ipotizzabile che le gravi ferite riportate, nella fattispecie un trauma facciale, abbiamo condotto al decesso la vittima dopo una violentissima colluttazione, forse scoppiata per recriminazioni sulla spesa e la spartizione dei costi. L’appartamento si presentava a soqquadro con mobili e suppellettili in frantumi e porte sfondate. All’arrivo degli investigatori, coordinati dal Pm pavese Valentina Terrile, in casa erano presenti il fratello della vittima, Massimo Sgroi, e l’amico Di Stefano che, subito dopo, venivano accompagnati in caserma per essere interrogati. Dalle risultanze del primo sopralluogo e dalla gravità degli indizi raccolti il pubblico ministero, titolare dell’inchiesta, disponeva la richiesta di fermo a carico di entrambi gli uomini con l’accusa di omicidio in concorso e il contestuale trasferimento in due penitenziari diversi.

La casa della vittima in via dei Mille

L’attività investigativa dei carabinieri prosegue anche per accertare il reale motivo di quel terribile pestaggio, molto più feroce delle consuete scazzottate che si scambiavano i due fratelli per i motivi più svariati. Il 30 agosto scorso, davanti al Gip del tribunale di Pavia, Maria Cristina Lapi, durante l’udienza di convalida del fermo, i due indagati si sono comportati in maniera diversa. Di Stefano, difeso dall’avvocato Alessandra Zerbi, si è avvalso della facoltà di non rispondere mentre Massimo Sgroi, assistito dall’avvocato Valentina Zecchini Vaghi, ha ribadito la versione dei fatti già fornita agli inquirenti: l’uomo non sarebbe stato presente nel momento della furibonda lite, perché si trovava in un’altra stanza della casa.

Nel corso dell’udienza è emerso che Giuseppe Sgroi sarebbe uscito dall’abitazione (lo avrebbe ripreso una telecamera di sorveglianza), la sera di martedì 27 agosto, tra le 23.30 e le 23.55, e al suo rientro sarebbe scoppiato il litigio risultato fatale all’operaio, per altro benvoluto e stimato dai numerosi cittadini di Cilavegna che lo conoscevano. Anche i servizi sociali del Comune lomellino erano a conoscenza di quanto accadeva ai due fratelli per essersi più volte occupati di loro. Giuseppe e Massimo infatti erano seguiti dagli assistenti sociali per superare i diversi problemi che li affliggevano a dimostrazione di un’esistenza difficile e di una convivenza quasi impossibile.

I carabinieri dopo la scoperta del cadavere. Foto P.P.

Evidentemente il lavoro degli esperti non è bastato ad evitare la tragedia che, però, nessuno si aspettava. Massimo Sgroi dunque rimane recluso nel carcere dei Piccolini a Vigevano, mentre Giuseppe Di Stefano è ristretto nella casa circondariale di Torre del Gallo a Pavia:

” Il mio assistito è incensurato e disoccupato da tempo – spiega la penalista di Sgroi – ed ha riferito di avere diverse patologie. In alcuni momenti del suo resoconto piangeva, aveva umore altalenante. Ha detto di non avere altri parenti, la casa in cui viveva con il fratello era dei genitori, che sono defunti. Chiederò una perizia psichiatrica”.

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