Tribunale Bologna rinvia il decreto ‘Paesi sicuri’ a Corte Ue: “Contrasto interpretativo”

I giudici chiedono chiarimenti sui principi del diritto europeo sulla materia. La Cassazione: ricorso Viminale non va a Sezioni unite.

Bologna – Il Tribunale emiliano ha rinviato alla Corte di Giustizia europea il decreto del governo sui Paesi sicuri, per chiedere quale sia il parametro su cui individuarli e se il principio del primato europeo imponga di ritenere che in caso di contrasto fra le normative prevalga quella comunitaria. Il rinvio è arrivato nell’ambito di un ricorso promosso da un richiedente asilo del Bangladesh contro la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione. Nel suo rinvio alla Corte Ue sul decreto governativo il tribunale di Bologna, entra anche nel merito sulla definizione di ‘Paesi sicuri’, contestando il principio per cui potrebbe definirsi sicuro un Paese in cui la generalità, o maggioranza, della popolazione viva in condizioni di sicurezza, visto che il sistema di protezione internazionale si rivolge in particolare alle minoranze.

Addirittura, i giudici bolognesi, riportano un paradosso. Ecco cosa dicono: “Paradossalmente si potrebbe dire che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell’Italia sotto il regime fascista”, scrivono i giudici del tribunale di Bologna nell’ordinanza con cui si chiede alla Corte di Giustizia europea di esprimersi sul decreto migranti.

In seguito ad “alcuni provvedimenti giurisdizionali” e “sino alla decretazione d’urgenza” di cui al “dl Paesi sicuri” – spiega il tribunale – si sono manifestate “in modo obiettivo e virulento” delle “gravissime divergenze interpretative del diritto europeo” che occorre dissipare attraverso un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue. “In presenza di un gravissimo contrasto interpretativo del diritto dell’Unione, qual è quello che attualmente attraversa l’ordinamento istituzionale italiano – si legge – il rinvio alla Corte è opportuno al fine di conseguire un chiarimento sui principi del diritto europeo che governano la materia”.

Secondo il costituzionalista Michele Ainis, la decisione del Tribunale di Bologna di rinviare alla Corte di Giustizia europea il decreto del governo sui Paesi sicuri è “una strada praticabile per avere certezza di diritto su una vicenda che si presta a visioni contrapposte”. Un’altra strada è “interrogare la Corte Costituzionale sulla legittimità del decreto del governo” aggiunge. Per Ainis la decisione dei giudici di Bologna “dimostra che quel decreto non mette parola fine sulla vicenda”. “Il decreto sui Paesi sicuri è l’ennesima prova – dichiara il segretario di +Europa, Riccardo Magi – che il governo avanza a tentoni sulla questione migranti, sul diritto all’asilo e sul diritto europeo in generale: in pratica, Meloni e Piantedosi stanno provando per l’ennesima volta a bypassare gli obblighi derivanti dal diritto europeo che loro stessi sanno essere insuperabili. Altro che vittime: sono loro che vanno deliberatamente allo scontro frontale con la magistratura”.

Il centro di prima accoglienza allestito a Shengyin in Albania

Opposta la reazione del vicepresidente della Camera Fabio Rampelli: “Ormai è di solare evidenza: una certa magistratura accelera procedure e procedimenti ogni qual volta intenda minare l’operato politico di un governo legittimamente in carica. L’iter di conversione del dl ‘Paesi sicuri’ non è iniziato alla Camera che già assistiamo all’invio da parte del Tribunale di Bologna della richiesta alla Corte di Giustizia Europea per chiedere quali siano i parametri per individuare i Paesi sicuri. Siamo proprio sicuri che tale competenza spetti al Tribunale di Bologna? È stato avvisato di questa iniziativa il Ministro Guardasigilli? Tra spionaggi e tentativi di delegittimazione del Governo sembra chiaro anche il desiderio di commissariamento nei confronti delle Camere e dei suoi parlamentari da parte di alcune procure. All’indomani del ceffone dato alla sinistra nelle elezioni liguri sembriamo sempre di più una democrazia a libertà condizionata”.

Intanto si apprende che non saranno le sezioni unite della Corte di Cassazione a discutere i ricorsi promossi dal Ministero dell’Interno contro l’ordinanza del Tribunale di Roma che non ha convalidato il provvedimento di trattenimento in Albania nei confronti di dodici migranti. La prima presidente della Corte di Cassazione ha infatti rigettato l’istanza di assegnazione alle sezioni unite e disposto che i ricorsi siano trasmessi alla Prima Sezione civile, che li discuterà il prossimo 4 dicembre in udienza pubblica. Sostiene il Viminale che l’ordinanza in questione travisa la sentenza del 4 ottobre della Corte di giustizia europea, e che la Cedu avrebbe stabilito che non possono essere ritenuti “sicuri” quei Paesi in cui ci siano zone insicure o ci siano pericoli per determinati gruppi quali omosessuali, minoranze, dissidenti, oppositori politici, attivisti per i diritti umani. 

Così è per Bangladesh ed Egitto da dove provenivano i 12 migranti trasferiti in Albania, come da schede ufficiali della Farnesina. Non tanto per porzioni geografiche instabili, quindi, ma per gruppi determinati di popolazione. Tutto è iniziato dopo che il 17 ottobre la sezione immigrazione del tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento dei migranti trasportati al Cpr di Gjader, in Albania, dalla nave Libra della Marina militare italiana. L’accordo tra Roma e Tirana prevedeva infatti l’invio di migranti considerati non vulnerabili (senza evidenti condizioni di fragilità) esclusivamente dai “Paesi sicuri”, quelli in cui secondo l’esecutivo vengono rispettati diritti e democrazia. Il tribunale di Roma ha quindi espresso “il diniego” della convalida dei trattenimenti e menzionato come base giuridica la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea – richiesta da un tribunale della Repubblica Ceca – del 4 ottobre.

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