Traffico di rifiuti pericolosi e ricettazione, 2 arresti e 7 indagati

Scoperta un’articolata attività di raccolta di rifiuti metallici inquinanti che venivano poi smaltiti in impianti non in regola e, quindi, rivenduti a terzi che li riciclavano.

Cagliari- I carabinieri del nucleo operativo ecologico regionale hanno eseguito un ordine di arresto ai domiciliari e un obbligo di dimora nei confronti di due persone per l’accusa di traffico di rifiuti pericolosi: i due raccoglievano e ricevevano rifiuti metallici inquinanti da contenitori non autorizzati, poi li smaltivano in un loro impianto a Decimomannu, in provincia di Cagliari, che non era provvisto delle necessarie autorizzazioni per il trattamento di rifiuti speciali. Infine rivendevano i rifiuti alle ditte che li riciclavano.

I militari hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare richieste dalla Dda di Cagliari e firmate dal Gip del capoluogo. I destinatari dei provvedimenti sono residenti a Uta e Cagliari e lavoravano per una impresa di trattamento e recupero di rottami ferrosi e metallici, pneumatici e rifiuti anche tossici e nocivi con sede a Decimomannu.

L’impianto, ma anche i conti correnti della società per un valore complessivo di oltre un milione di euro, sono stati sequestrati. Indagate a piede libero altre sette persone, tutte impiegate direttamente o riconducibili all’azienda di Decimomannu.

Per tutti le accuse sono quelle di associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti speciali pericolosi e ricettazione. Le indagini del Noe di Cagliari erano iniziate nel febbraio del 2020, quando era stato ispezionato l’impianto di Decimomannu. Spiega una nota dei carabinieri

L’impianto era formalmente autorizzato al recupero di rifiuti speciali, R.a.e.e., P.f.u., batterie esauste e altre tipologie di rifiuti, ma si sarebbero consumati illeciti riguardanti l’abuso a gestione di tali rifiuti pericolosi provenienti da circuiti di raccolta non autorizzati”

Secondo quanto accertato dai carabinieri, nell’impianto chiunque poteva conferire i rifiuti senza avere alcuna autorizzazione. Ai rifiuti venivano assegnati certificazioni false. “Avrebbero così avuto una nuova veste – spiegano dal Noe – in modo da poterli immettere sul mercato conseguendo un ingiusto profitto“. Il danno alle casse dello Stato ammonterebbe ad almeno 2 milioni di euro.

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