L’Aquila – Terremoto del 2009: che cosa ricordiamo di quell’anno maledetto?

Il 1999 e il 2009 verranno ricordati come due anni terribili. Due avvenimenti ancor più terrificanti, se aggiungiamo a questi le sentenze con cui sono stati “deliberati”.

L’Aquila – Era il 6 aprile del 2009 quando gli abitanti abruzzesi alle ore 3:32 vivevano attimi di puro inferno. Un popolo che nel giro di pochi attimi ha perso tutto. A complicare la vicenda di quella sentenza che ha colpevolizzato e punito chi ha subìto lutti e danni.

Terremoto? Se muori, è colpa tua! Quando succede un terremoto oltre alla sfiga di trovarsi nel momento sbagliato al posto sbagliato, chi ne subisce i letali effetti, è colpevole di non essere fuggito nel momento giusto o di “dormire” come recita la sentenza che in sede civile ha accolto in parte alcune richieste di risarcimento che, però, sono state ridotte per “condotta incauta” dei defunti!

I danni provocati dal terremoto

Ci si riferisce al tremendo terremoto dell’Aquila, che ebbe il suo apice con la scossa principale del 6 aprile 2009 alle ore 3,32 con magnitudo pari a 6,3. Il bilancio definitivo fu di 309 vittime, 1600 feriti e oltre 10 miliardi di euro stimati, costituiti da case, monumenti, edifici storici, ospedali e università rasi al suolo.

Ora questa sentenza passerà sicuramente alla storia delle assurdità colossali, che fa il paio con quella del 10 febbraio 1999 relativa all’annullamento della condanna a due anni e dieci mesi di reclusione per violenza sessuale inflitta ad un istruttore di guida che aveva abusato di una sua allieva.

Per la Suprema Corte il fatto che la ragazza portava i jeans non rendeva credibile la sua denuncia, perché “è un dato di comune esperienza” che non si possono sfilare senza la “fattiva collaborazione di chi li porta”! Questa sentenza per fortuna non ha fatto giurisprudenza perché ha avuto la sua giusta revisione. Stupisce che a presiedere il Tribunale civile dell’Aquila fosse una donna, Monica Croci.

Interi quartieri rasi al suolo dal terremoto

A testimonianza che quando ci si mettono di buzzo buono compiono cazzate come noi comuni mortali. Una parità di cui avremmo fatto volentieri a meno! La giudice, da un lato, ha accolto la richiesta di risarcimento avanzata dai familiari di alcune vittime del crollo di un palazzo di via Campo di Fossa a L’Aquila. Ma dall’altro lato, con un coup de theatre, ha sentenziato che: “una porzione della colpa, per quanto accaduto, è da attribuire alle stesse vittime”.

Il costruttore dell’edificio e i suoi eredi, i ministeri delle Infrastrutture e Interno si sono visti ridotta la colpa. In dettaglio: gli eredi del 40%, i ministeri per le omissioni di Genio Civile e Prefettura del 15% ognuno. Il restante 30% è delle stesse vittime perché per il giudice è da ritenersi “fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime, perché hanno avuto una condotta incauta nel trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile”!

Della serie “cornuti e mazziati”, come si suole dire a Napoli, nel senso che oltre al danno più grave, perché irreversibile e irrimediabile che è la morte, anche la beffa dell’irrisione post mortem. È notorio che l’Italia è il Paese dei “sofismi giuridici”, ora lo è anche dei paradossi. Al prossimo terremoto per essere certi di salvarsi, c’è un solo modo: essere da un’altra parte!

Meno male però che il tribunale civile dell’Aquila, giudice Baldovino De Sensi, ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri a risarcire 30 parti civili con 8 milioni di euro per le rassicurazioni prospettate dall’ex numero due del Dipartimento nazionale di Protezione civile, Bernardo De Bernardinis, aiutante di campo di Guido Bertolaso assolto in un procedimento collaterale, già condannato con sentenza passata in giudicato a 2 anni di reclusione. Insomma storta va, deritta vene…

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