Il ricorso dei coniugi Romano contro il no di Brescia alla revisione del processo. Nuove prove e dubbi su Frigerio: la sentenza definitiva si avvicina.
Roma – Si terrà domani, davanti alla Quinta Sezione della Corte di Cassazione, l’udienza cruciale per il destino di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba dell’11 dicembre 2006. I legali della coppia presenteranno un ricorso di oltre cento pagine, con numerosi allegati, contro la decisione della Corte d’Appello di Brescia che, lo scorso 10 luglio, ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione della sentenza definitiva. A quasi vent’anni dal massacro che costò la vita a Raffaella Castagna (30 anni), suo figlio Youssef Marzouk (2 anni), la madre Paola Galli (56 anni) e la vicina Valeria Cherubini (55 anni), questa potrebbe essere l’ultima possibilità per i coniugi di evitare il carcere a vita.
Il caso, uno dei più controversi della cronaca italiana, torna sotto i riflettori. La difesa punta su presunte “nuove prove” per scagionare Olindo e Rosa, ma la Corte di Brescia le ha respinte senza aprire un dibattimento. Ora spetta alla Cassazione decidere se quelle evidenze meritano un approfondimento o se la condanna all’ergastolo, confermata nel 2011, resterà definitiva.
I fatti e il processo
Era l’11 dicembre 2006 quando, in una palazzina di via Diaz a Erba (Como), quattro persone furono massacrate a colpi di spranga e coltello. Raffaella Castagna, il piccolo Youssef, Paola Galli e Valeria Cherubini morirono sotto i colpi degli assassini, che poi appiccarono il fuoco per cancellare le tracce. Mario Frigerio, marito di Valeria, sopravvisse per miracolo grazie a una malformazione alla carotide, nonostante una coltellata alla gola. Fu lui, dal letto d’ospedale, a indicare Olindo Romano come l’aggressore, diventando il testimone chiave dell’accusa.

Olindo e Rosa, vicini di casa delle vittime, confessarono inizialmente il delitto, salvo poi ritrattare. Le loro ammissioni, unite alla testimonianza di Frigerio e a una macchia di sangue di Valeria trovata sulla Seat Arosa di Olindo, portarono alla condanna in tre gradi di giudizio: ergastolo con isolamento diurno per tre anni, sancito dalla Cassazione nel 2011. Ma i dubbi non si sono mai spenti, alimentati da anni di campagne innocentiste e nuove istanze difensive.
Il ricorso in Cassazione
Il ricorso presentato dai legali—Fabio Schembri, Nico D’Ascola, Patrizia Morello e Luisa Bordeaux—contesta punto per punto la decisione di Brescia. Al centro, l’affidabilità di Frigerio: la difesa sostiene che il fumo inalato durante l’incendio e le condizioni critiche post-aggressione abbiano alterato la sua percezione, rendendo la testimonianza “viziata.” I giudici bresciani, invece, l’hanno definita “pienamente attendibile,” coerente con gli altri elementi.
Sulle confessioni, poi ritrattate, la difesa parla di suggestione indotta da carabinieri e inquirenti, sfruttando la presunta “debolezza mentale” della coppia. Anche la macchia di sangue sull’auto di Olindo viene messa in discussione, con l’ipotesi di una contaminazione o di una “suggestione ottica,” come già sostenuto in passato. Infine, si rilancia una pista alternativa—una faida legata allo spaccio di droga—e si denuncia un possibile “complotto” con prove falsificate. Per Brescia, però, non ci sono “prove nuove” né elementi sufficienti per un proscioglimento.

Cosa può succedere
La Cassazione dovrà stabilire se la Corte d’Appello ha errato nel non valutare approfonditamente queste evidenze. Due gli scenari:
- Conferma: Se i giudici romani ratificheranno il verdetto di Brescia, la condanna diventerà intoccabile, chiudendo definitivamente il caso.
- Annullamento: Se il ricorso sarà accolto, la revisione tornerà a Brescia o in altra sede, aprendo un nuovo processo che potrebbe ribaltare tutto.
“La Corte non ha verificato prove che potrebbero scagionare i nostri assistiti,” insiste Schembri. “Olindo e Rosa sperano ancora.” Di segno opposto le parti civili, rappresentate dai familiari delle vittime, come Giuseppe Castagna: “Non troveranno un’altra verità,” ha dichiarato più volte.
Un caso infinito
La strage di Erba, con i suoi 18 anni di processi, ricorsi e dibattiti mediatici, resta un enigma irrisolto per molti. Le “nuove prove” della difesa—tra cui analisi forensi moderne e testimonianze mai sentite—hanno riacceso il confronto tra colpevolisti e innocentisti. Ma per i giudici bresciani, l’impianto accusatorio regge: Frigerio ha riconosciuto Olindo, le confessioni erano dettagliate, il sangue sull’auto è un dato oggettivo.
Martedì, la Cassazione scriverà forse l’ultimo capitolo. Se il no di Brescia sarà confermato, Olindo (63 anni) e Rosa (61 anni), detenuti rispettivamente a Opera e Bollate, resteranno dietro le sbarre per sempre. In caso contrario, la giustizia italiana dovrà affrontare un nuovo, clamoroso processo di revisione.