Le primarie del Partito Democratico si sono chiuse con il botto. Molti si aspettavano una larga vittoria di Stefano Bonaccini invece a prevalere è stata Elly Schlein che darà vita al nuovo corso della prima forza di opposizione.
Roma – L’esperimento Elly Schlein ha inizio. E così la nuova segretaria del Pd sferra subito l’attacco ad un’altra donna, ovviamente di destra, dicendo che per il “governo saremo un bel problema”. Le prime parole, insomma, suonano come una dichiarazione di guerra verso “un governo che difende gli squadristi. Non li faremo passare” – è stato il suo primo commento.
Un lungo intervento, quello della neosegretaria del Pd, che tocca i punti qualificanti della sua piattaforma congressuale, dalla difesa del lavoro, della scuola e della sanità pubblica, alla lotta al precariato. Punti molto dolenti. Il lavoro che aspetta Schlein non è però così gravoso come quello dei suoi ultimi predecessori, per il semplice motivo che il Pd si trova all’opposizione per avere perso le elezioni, pertanto non ha l’ansia di giochetti o tranelli per tornare o mantenersi al Governo nell’immediato. Ha, insomma, il tempo per potere riscostruire il tessuto connettivo di un partito sfilacciato in diversi brandelli e che non suscita più emozione e speranza.
D’altronde ai cittadini interessa solo che il Paese venga amministrato bene e si cambi registro. Ha poca importanza chi è il nocchiero, i fatti stabiliranno il vero trend politico in quanto le chiacchiere stanno a zero. Una cosa è certa il Pd ha perso ed ha vinto il popolo dei gazebo. È stato ringraziato Stefano Bonaccini, competitor nella corsa al Nazareno, che è stato superato contro tutti i pronostici, come rivolta a tutto l’establishment dem. Ha poca importanza che proprio le maggiori correnti e leader abbiano appoggiato la nuova leadership. Ciò che veniva percepito era una nuova “aria” che avrebbe potuto rinfrescare l’ambiente stantio del Nazareno.
La parabola politica di Elly Schlein è attraversata da anni di battaglie ed esperienze che hanno visto diversi “stop and go”, cioè avvicinarsi e allontanarsi più volte dal partito, portandola pian piano a riscoprire la propria vocazione: rinnovare la sinistra italiana dopo appena un mese dalla sua iscrizione ai dem. Alcune delle parole d’ordine pronunciate dalla nuova segretaria sono state di “Non volere fare la sinistra della Ztl (espressione usata in contrapposizione al “popolo” delle borgate e delle periferie), perché la sinistra può e deve tornare a parlare a quei territori che si sono sentiti un po’ abbandonati”. Ma attualmente è un partito della borghesia metropolitana, attento ai diritti civili, alle ragioni della piazza e dei movimenti, dalle ex Sardine agli ecologismi nelle sue diverse declinazioni. Insomma, non è più la sinistra di un tempo, ormai sbiadito, ma solo un “diletto” di coloro che la povertà non sa cos’è per non viverla per censo e tradizione familiare.
Finora il Pd è stato retto da ex democristiani o da uomini formatisi nel Pci, ma navigatori di lungo corso. Certo è che non esiste al mondo un posto più precario della segreteria del Pd. In ogni caso, se la gente percepirà che dietro di lei ci sono i soliti, la novità si trasformerà in delusione e l’esperimento non sarà a lungo termine. Una cosa è sognare un Paese come si vorrebbe che fosse, altra cosa non rendersi conto di quel che è. La nuova leader è stata bocciata dai circoli Pd che hanno preferito Bonaccini e gettonata, invece, dal popolo dei gazebo notoriamente non iscritto al partito.
In ogni caso, oggi forse inizia davvero un’altra storia e il primo test sarà già tra qualche mese, alle prossime amministrative, nonché nel 2024 alle europee, dove si voterà con il sistema proporzionale puro. Il risultato comunque è che si sono espressi più elettori del previsto, spazzando peraltro via sondaggi e pronostici che davano come favorito il presidente dell’Emilia-Romagna. Ribaltando pure il voto degli iscritti, che aveva nettamente premiato Stefano Bonaccini. Questo il dato senza fronzoli.
Alla rivendicazione di identità della Meloni, che tuonava nei comizi “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana…”, Elly ha contrapposto la propria rivendicazione di identità: “Sono una donna, amo una donna, non sono madre, ma non sono meno donna per questo”. Insomma l’esatto opposto della presidente del Consiglio, questo almeno è la carta d’identità resa pubblica.
Complimenti e buon lavoro a Elly!