Un’indagine ResMed rivela che la mancanza di sonno colpisce il 71% dei lavoratori, influendo negativamente su concentrazione, produttività e benessere aziendale.
Si è sempre pensato tra la gente comune che “chi dorme non piglia pesci” nel senso che se non ci si impegna e non si lavora sodo, non si otterranno risultati o successi. L’immagine iconica che assume il pescatore rappresenta l’attimo che deve cogliere, in cui il pesce abbocca e serve a sottolineare l’importanza della prontezza e dell’azione per raggiungere i propri obiettivi. Eppure questo detto, in maniera estensiva, incide sul benessere delle persone e sull’economia in generale. Perché c’è un elemento che influisce sul processo lavorativo, finora poco considerato ed è il sonno. E’ invece ha una sua rilevanza, al pari di flessibilità, leadership, conciliazione, produttività, assenteismo ed altri fattori che compongono il mosaico di un ambiente lavorativo sereno per raggiungere i risultati auspicati.

ResMed, un’azienda di dispositivi medici e soluzioni software per aiutare le persone a dormire meglio e per l’apnea del sonno, ha condotto un’indagine, da cui è emerso che il 71% di lavoratori ha dichiarato di non essere andato a lavorare, più di una volta, per non essere riuscito a dormire la notte. Inoltre il 34% impiega molto tempo per addormentarsi. Non dipende solo dai personali stili di vita, ma è un fenomeno composito. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il fenomeno ha assunto i tratti di un’epidemia mondiale. E’ stato riscontrato che dormire poco diminuisce la produttività e la partecipazione al processo lavorativo. Altri effetti sono il turnover di personale e i costi delle assenze sul luogo di lavoro. Quindi il sonno diventa un problema non solo personale ma aziendale.
Durante l’orario di lavoro si possono accusare sonnolenza, umore “ballerino”, difficoltà di concentrarsi, tutti elementi che incidono negativamente sul lavoro. Ciononostante, secondo il campione in esame, la propria azienda pare non rendersi conto del problema del sonno, non ritenuto un fattore importante dal management. Non si tratta di proporre la famosa “pennichella pomeridiana” per ricaricare le energie e migliorare la concentrazione e le prestazioni, pratica nata negli Stati Uniti, che si sta diffondendo anche in Europa, con aziende che offrono aree relax per i dipendenti.

Ma pensare alla salute del sonno come condizione per il benessere dei dipendenti, quali corsi di formazione sul sonno e la sua biologia, diffondere regole semplici come non fare riunioni di prima mattina. Queste soluzioni possono pure essere efficaci, ma rischiano di essere inutili se restano isolate. Quello che maggiormente conta è che le aziende riconoscano, che il riposo ha un’influenza positiva sul lavoro. Anche se il trend in molte organizzazioni aziendali finora è stato quello di spedire email e notifiche ai propri dipendenti fino a tarda sera.
E c’è pure chi si vanta con orgoglio di aver dormito solo 4 ore! Eppure, è risaputo che è una malsana abitudine e l’anticamera dell’improduttività. Malgrado queste conoscenze c’è ancora molta resistenza nell’aziende di considerare il sonno ristorante importante per il rendimento dei lavoratori. La consapevolezza e la trasformazione dello status quo prima che individuali devono essere collettive. Perché non è un fatto privato, intimo, ma di tutta l’organizzazione sociale. Non è esagerato affermare che è un fenomeno di salute pubblica, prima che delle aziende, coi suoi costi sociali ed economici. Quindi, dormire bene avvantaggia il singolo individuo e la collettività!