Gli Ermellini dichiarano “inammissibile” il ricorso della Procura Generale e dunque prosciolgono l’ex presidente della Regione Siciliana dalle infamanti accuse di affari con la mafia e reati elettorali.
Roma – La complessità della vicenda giudiziaria che ha avuto come protagonista Raffaele Lombardo si è definitivamente conclusa con il sigillo della Corte di Cassazione che ha dichiarato “inammissibile” il ricorso della Procura Generale etnea. Ogni altro commento dovrebbe essere superfluo ma certo non si può prescindere dall’analisi di alcuni fatti. Nella fattispecie di tratta di una sentenza che per il futuro contribuirà a fare chiarezza, su casi analoghi, e forse concorrere al “libero convincimento del giudice”, almeno per quanto riguarda i fatti e le prove dell’imputazione. Finito, dunque, il calvario di un protagonista della storia politica siciliana il quale ha dovuto subire, negli anni, diversi procedimenti penali per voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa.
Anche per questi motivi l’attenzione massima dell’opinione pubblica e dei mass media, in quanto indagato mentre era ancora Presidente della Regione, è stata dirompente per la Sicilia e per tutta una classe dirigente che, per certi versi, si trovava appesa ad un filo. La paura si sa “fa novanta” e il “comandante” spesso si lascia affondare con la propria nave. In quell’occasione appena sentita la notizia numerosi “marinai” del Movimento per l’Autonomia abbandonarono il partito in cattive acque per approdare in altri lidi più tranquilli, in attesa che passasse la burrasca, ma anche per timore di essere coinvolti personalmente. Eppure il progetto autonomista del fondatore dell’Mpa è andato avanti, nonostante la tempesta giudiziaria.
Il Movimento infatti è stato presente con proprie liste in quasi tutte le competizioni elettorali e con un peso non indifferente. Le battaglie prima politiche e poi giudiziarie hanno visto, come protagonista, sempre Raffaele Lombardo. Non si possono dimenticare i manifesti listati a lutto, di avvenuto decesso, dell’allora Governatore siciliano, che qualche buontempone o avversario politico imbecille aveva affisso in diversi quartieri di Catania e non solo. In quell’occasione in molti si erano interrogati sull’accaduto ma nonostante la denuncia del “defunto” non si è mai saputo nulla sull’avvenuta o meno identificazione dell’allegro cassamortaro.
E che dire della richiesta di arresto da parte della Procura di Catania nei confronti di Lombardo, esposta in prima pagina su un noto quotidiano nazionale nel 2010? Notizia peraltro palesemente farlocca ma che fece ben comprendere il grado di alta tensione che gravava su un momento storico molto delicato.
Certamente anche con altri protagonisti della vita politica ci sono state montature giornalistiche, smontate dopo lunghi accertamenti, vedi il caso Crocetta ed altri. Ma nel frattempo la delegittimazione, la paura dell’appartenenza ad un movimento come l’Mpa, in crescita nei sondaggi e nel potere politico-amminisrativo aveva provocato il rallentamento di un percorso che procedeva forse troppo speditamente verso il traguardo.
Ora tutto è finito per Raffaele Lombardo, la spada di “Damocle” è stata spazzata via, ma nulla potrà essere come prima. La storia lo insegna, i tempi sono diversi ed i protagonisti anche. Il progetto politico, però, pur con diverse sfumature, pare continuare se non addirittura rinforzarsi. In ogni caso le chiare motivazione dei giudici del Palazzaccio sono lapidarie e non si prestano ad interpretazioni di alcun tipo. Qualora qualcuno avesse ancora dei dubbi “Raffaele Lombardo non ha avuto alcun rapporto con la mafia…Almeno per quanto riguarda l’esistenza di un patto.”
Un riconoscimento sicuramente importante al politico, ma ancora di più all’uomo, che ha dovuto convivere per molti anni con un peso gravosissimo. Inutile banalizzare un risultato, quello della Cassazione. Che forse in molti speravano ma che altri, politicamente, temevano. Non fosse altro per l’occupazione dello spazio politico che ne poteva derivare e che ne è derivato.
Comunque tutto è andadto per il verso giusto nonostante non sia mancato qualche brivido durante l’udienza poiché la Procura generale della Cassazione aveva sollecitato un annullamento con rinvio e un nuovo esame da parte dei giudici di secondo grado, così come richiesto dalla Procura generale di Catania. Gli Ermellini però hanno poi disposto di confermare la sentenza della Corte di Appello. Le accuse di concorso esterno mafioso e di reato elettorale aggravato dall’avere favorito la mafia non sono state provate.
Forse questa potrebbe essere l’occasione buona per riformare questa tipologia di reato che pare esista soltanto in Italia. Se non si intende riscrivere la norma ex novo almeno la si chiarisca una volta per tutte. Mafia, non mafia. O si è dalla parte dei mafiosi, o si è dall’altra parte della barricata. Situazione intermedie, interpretative o di fantasia nuocciono alla salute. E tanto.