Sfruttamento e violenze nel distretto tessile di Prato: quattro arresti legati alla “guerra delle grucce”

Misure cautelari per quattro stranieri accusati di intimidazioni e violenze contro lavoratori sindacalizzati. Al centro l’azienda Acca Srl di Seano.

Prato – Nuovi sviluppi nelle indagini condotte dalla Procura pratese sul sistema di sfruttamento lavorativo nel distretto tessile parallelo. L’inchiesta, nata in seguito alla cosiddetta “guerra delle grucce”, ha portato a quattro misure cautelari nei confronti di cittadini stranieri accusati di essere parte attiva in un sistema di intimidazione e violenze nei confronti di operai migranti.

Le misure – richieste dalla Procura e firmate dal GIP – riguardano due cittadini pakistani di 45 e 56 anni e due cinesi di 40 e 39 anni. Il 45enne pakistano, ritenuto dagli inquirenti il principale responsabile operativo, è finito agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Gli altri tre soggetti sono stati colpiti dal divieto di dimora nella provincia di Prato.

Secondo la ricostruzione della Procura, i quattro costituirebbero il braccio operativo di una rete più vasta, riconducibile a una struttura societaria di proprietà di capitali cinesi. Il giudice ha disposto misure cautelari “a sorpresa”, senza prima sentire gli indagati, temendo un possibile inquinamento delle prove a causa delle pressioni sui lavoratori: “Alcuni dipendenti hanno fornito versioni reticenti per timore di perdere il lavoro o subire ritorsioni”, si legge nel provvedimento.

Le indagini si sono concentrate in particolare sull’azienda Acca Srl di Seano, attiva nella logistica e nel facchinaggio, già nota per essere una delle tre destinatarie dei plichi esplosivi fatti detonare simultaneamente il 16 febbraio 2024. Un atto collegato, secondo gli inquirenti, allo scontro fra imprenditori cinesi nel territorio – la cosiddetta “guerra delle grucce” – che ha assunto contorni criminali e internazionali.

Nel 2023, alcuni lavoratori migranti – originari di Pakistan, Bangladesh, Afghanistan e Paesi africani – avevano aderito al sindacato S.I. Cobas (ora Sudd Cobas) per chiedere il rispetto del contratto collettivo nazionale. Inizialmente le rivendicazioni avevano avuto successo, ma poi minacce e aggressioni avrebbero preso il sopravvento, in una chiara azione intimidatoria e repressiva verso l’attività sindacale.

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