Primo via libera con 106 voti favorevoli. Previsti due Csm distinti e un’Alta Corte disciplinare. Il referendum appare inevitabile.
Roma – Il Senato ha dato il primo via libera alla riforma costituzionale della magistratura con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astenuti. La riforma, che rappresenta uno dei più significativi interventi sull’ordinamento giudiziario degli ultimi decenni, introduce tre pilastri fondamentali: la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti, la creazione di due distinti Consigli superiori della magistratura e l’istituzione di un’Alta Corte disciplinare.
Il testo, già approvato dalla Camera lo scorso gennaio, dovrà ora affrontare un lungo iter parlamentare. Sono infatti necessari altri due passaggi, prima alla Camera e poi nuovamente al Senato, con un intervallo minimo di tre mesi tra le letture. Per evitare il referendum confermativo, la riforma dovrà ottenere il voto favorevole dei due terzi dell’assemblea, un quorum che appare difficilmente raggiungibile dato l’esito odierno. Il referendum, considerato probabile, è atteso per la primavera del prossimo anno.
Due Csm al posto di uno
La riforma prevede la creazione di due organismi di autogoverno distinti: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica. Membri di diritto saranno rispettivamente il primo presidente della Corte di Cassazione e il procuratore generale della Suprema Corte.

La composizione degli organi seguirà un meccanismo misto: un terzo dei componenti sarà estratto a sorte da un elenco di professori universitari ordinari di materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di esercizio, compilato dal Parlamento in seduta comune. I restanti due terzi saranno scelti tra i magistrati delle rispettive carriere. I componenti estratti a sorte resteranno in carica quattro anni e non potranno partecipare al sorteggio successivo.
L’Alta Corte disciplinare
Tra le novità più rilevanti figura l’istituzione di un’Alta Corte disciplinare, composta da quindici giudici, che avrà giurisdizione esclusiva sui procedimenti disciplinari verso tutti i magistrati ordinari. Tre giudici saranno nominati direttamente dal Presidente della Repubblica tra professori universitari e avvocati con almeno vent’anni di esperienza, altri tre estratti a sorte da un elenco parlamentare con gli stessi requisiti. Completano l’organico sei magistrati giudicanti e tre requirenti, anch’essi estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie con specifici requisiti di esperienza.
La riforma prevede anche la possibilità di impugnare le sentenze dell’Alta Corte davanti allo stesso organismo, che giudicherà però in composizione diversa rispetto al primo grado.
Le reazioni della maggioranza
La premier Giorgia Meloni ha commentato l’approvazione come “un passo importante verso un impegno che avevamo preso con gli italiani”, sottolineando la determinazione del governo nel “dare all’Italia un sistema giudiziario sempre più efficiente, equo e trasparente”. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha espresso grande soddisfazione, definendo la riforma la realizzazione di “una mia aspirazione in cui dal 1995 credevo fermamente” e annunciando che “penso che passeremo al referendum, cosa che anche io auspico”.

Fratelli d’Italia ha celebrato con un flash mob fuori Palazzo Madama, esponendo striscioni con la scritta “Giustizia è fatta”. Forza Italia, attraverso il segretario Antonio Tajani, ha dedicato la giornata a Silvio Berlusconi, ricordando come abbia “dedicato una parte importante della sua attività politica alla riforma della giustizia”. Il senatore Maurizio Gasparri ha definito la riforma “storica” e ha evidenziato come introduca “il sorteggio per il CSM ponendo fine alla lottizzazione correntizia“.
Le proteste dell’opposizione
L’opposizione ha reagito duramente all’approvazione. Immediatamente dopo il voto, i senatori hanno mostrato la Costituzione italiana capovolta gridando “vergogna”, costringendo alla sospensione della seduta per riportare l’ordine. Il Movimento 5 Stelle ha sollevato cartelli in aula per protestare contro l’utilizzo dei nomi di Falcone e Borsellino da parte del centrodestra.

Giuseppe Conte ha definito l’approvazione “Ingiustizia è fatta”, accusando il governo di voler “mettere il guinzaglio ai magistrati e realizzare il sogno di Licio Gelli e della P2”. Secondo il leader pentastellato, la riforma mira a creare “pubblici ministeri superpoliziotti sotto la sfera di influenza del Ministro della Giustizia di turno”.
La posizione dell’ANM
L’Associazione Nazionale Magistrati ha espresso forte preoccupazione, sostenendo che “la riforma costituzionale approvata oggi toglierà garanzie ai cittadini”. La Giunta esecutiva centrale ha denunciato che “l’intento di questa riforma sia quello di avere una magistratura addomesticata e subalterna” e ha annunciato che continuerà “a intervenire nel dibattito pubblico” fino al referendum, ritenendo che la riforma “non rafforza lo Stato di diritto: lo rende più fragile”.
Verso il referendum
Con l’approvazione odierna si apre una fase cruciale. Il governo sembra orientato verso la strada referendaria: Nordio ha dichiarato di auspicare il referendum “perché è una materia così delicata e importante che va sottoposta al giudizio degli italiani”, mentre Tajani ha ribadito che “i cittadini sono sovrani in democrazia”. Una scelta che potrebbe rivelarsi determinante per il futuro assetto della giustizia italiana, in un clima di forte polarizzazione politica.