La scuola è già iniziata e le paure di una nuova ondata di pandemia fanno capolino, nonostante le linee guida ministeriali. Il virus non fa più paura ma è ancora pericoloso.
Roma – Il piano predisposto per l’anno scolastico 2022-23 appare inadeguato non tanto per le misure previste, quanto per le raccomandazioni spesso generiche e, soprattutto, per le eccessive responsabilità scaricate sulle scuole, prive delle necessarie risorse e competenze sanitarie:
“…Il rischio è quello di un impatto rilevante sulla circolazione virale e sulla salute pubblica – ha spiegato Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe – ma anche sui giorni di scuola perduti, vista l’incomprensibile abolizione della didattica digitale integrata per gli studenti in isolamento. La valutazione dei sintomi viene di fatto affidata a genitori e personale scolastico, con impatto imprevedibile sia sull’assenteismo scolastico, sia sulla circolazione del virus…”.
In tal senso appare anacronistica la precisazione che la rinorrea (raffreddore) non può essere sempre motivo in sé di non frequenza o allontanamento dalla scuola e che gli studenti possono frequentare in presenza indossando mascherine chirurgiche/Ffp2 fino a risoluzione dei sintomi ed avendo cura dell’igiene delle mani e dell’osservanza dell’etichetta respiratoria.
A questo punto appare doverosa una domanda assai complessa: a chi è affidata la valutazione dello studente in una condizione clinica così sfumata e la decisione di effettuare, o meno, un tampone, visto che l’infezione da Omicron 5 spesso esordisce solo con lievi sintomi respiratori, proprio come il raffreddore? Per Gimbe la risposta sembra ovvia:
“…I riflettori rimangono inspiegabilmente puntati sulla sanificazione ordinaria e straordinaria in presenza di uno o più casi confermati – aggiunge Cartabellotta – nonostante le evidenze scientifiche dimostrino che meno dell’1% dei contagi è dovuto al contatto con superfici infette. E, a dispetto delle modalità di trasmissione del virus, che avviene quasi esclusivamente per aerosol, non viene raccomandato nessun intervento specifico di aerazione e ventilazione per migliorare la qualità dell’aria, ma solo un generico ricambio frequente di aria, ovvero il ben noto protocollo finestre aperte che quest’anno durante la stagione fredda si scontrerà con quello delle finestre chiuse imposto dalla crisi energetica…”.
Le indicazioni dell’Iss – ricorda ancora la Fondazione – prevedono poi un elenco di ulteriori misure di mitigazione, quale l’obbligo della mascherina, del distanziamento, di evitare assembramenti, la sospensione di viaggi di istruzione e uscite didattiche, turnazione nelle mense da introdurre in relazione al contesto epidemiologico e alle disposizioni nazionali. Vi è da considerare che, peraltro, non viene chiarito se la loro implementazione debba avvenire a livello nazionale, regionale o locale e, soprattutto, con quale priorità o gradualità.
Appare evidente che in caso di aumento della circolazione virale le misure previste per l’inizio dell’anno sarebbero insufficienti, ma al tempo stesso l’implementazione di tutte le misure aggiuntive sarebbe necessaria solo in uno scenario estremo, poco verosimile, mentre realisticamente saremo di fronte a scenari intermedi. Insomma, si è paventato uno scenario da guerra pandemica, senza considerare che l’insidia del virus è più subdola di quanto si è prospettato e immaginato. I dirigenti, così, rimangono gli unici con il cerino in mano, con il proprio carico di responsabilità nell’assumere quelle iniziative che servono ad evitare la diffusione virale, tra gli studenti ed i docenti.
Le discussioni continuano tra gli assertori che proclamano che la didattica all’interno delle scuole non può essere interrotta neanche se la pandemia assumesse a “pericolo pubblico, mentre “quella a distanza”, rimane la Cenerentola, da biasimare e da mettere in cantina.