antonella falcidia

Scritto col sangue: il delitto di Antonella Falcidia

Un delitto dell’alta borghesia catanese che sfida ogni logica investigativa, tra false piste, depistaggi e sospetti mai provati.

Catania – In un elegante appartamento dell’alta borghesia, una professoressa universitaria viene brutalmente assassinata sul divano di casa, al terzo piano di una palazzina di via Piermaria Rosso di San Secondo. Dopo tre decenni, il caso resta uno dei cold case più enigmatici della cronaca nera italiana.

La vittima: ritratto di una donna dell’élite catanese

Antonella Falcidia, 43 anni, incarnava perfettamente l’immagine della borghesia colta siciliana. Professoressa di Statistica applicata alla Medicina presso l’Università di Catania, apparteneva a una dinastia di medici che da generazioni occupava posizioni di prestigio nella società etnea. Il padre era un illustre medico, lo zio Enrico fondatore e proprietario dell’omonima clinica privata, una delle più rinomate della città.

La vittima ed il marito

Sposata da diciannove anni con Vincenzo Morici, chirurgo generale e aiuto di Patologia Chirurgica al Policlinico, la coppia aveva costruito una solida posizione sociale. Morici, oltre a lavorare presso il Policlinico universitario e la Clinica Falcidia, gestiva due studi privati: uno a Catania e uno a Nicosia. Dal matrimonio era nato Riccardo, all’epoca dei fatti diciassettenne.

La notte del delitto: una scena raccapricciante

Il sabato 4 dicembre 1993, tutto sembra svolgersi secondo la routine familiare. La mattina Antonella si reca all’università, mentre il marito parte per Nicosia dove tiene il suo secondo ambulatorio. Dopo cena, la donna si sistema sul divano del salotto per guardare la televisione, aspettando il ritorno del marito.

Alle 21.45, l’ultimo contatto con la vita: il figlio Riccardo le citofona per avvisarla che sta uscendo con gli amici. Sarà l’ultima persona a sentire la sua voce.

Quando Vincenzo Morici rientra alle 23.30, lo scenario che si presenta ai suoi occhi è da incubo. Antonella giace riversa sul pavimento del salotto, ai piedi del divano, in una pozza di sangue. Il suo corpo presenta 26 coltellate inferte con ferocia inaudita: al petto, al collo, all’inguine, sul mento e in testa. L’ultima, quella mortale, le ha reciso la carotide.

La scena del crimine rivela dettagli inquietanti: nessun segno di effrazione, nessun oggetto rubato. La vittima indossa solo una camicia da notte e una vestaglia, segno che deve aver aperto la porta al suo aggressore o che questi possedeva le chiavi di casa.

I primi indizi: una pista femminile che si sgretola

Gli investigatori raccolgono immediatamente elementi che sembrano puntare verso un’assassina al femminile. Sul pavimento del salotto vengono rinvenute tre impronte insanguinate di una scarpa da tennis numero 36, tutte del piede sinistro. Nella mano destra serrata della vittima, il medico legale trova alcuni capelli biondi di colore naturale, diversi da quelli tinti di Antonella.

Le testimonianze sembrano confermare questa ipotesi: un anonimo telefona a Teletna, una tv locale molto seguita, raccontando di essere stato quasi investito da una station wagon bianca alla guida della quale – secondo la sua testimonianza – c’era una donna bionda in evidente stato di agitazione. Altre segnalazioni puntano verso colleghe universitarie con possibili motivi di rancore.

Tuttavia, questa pista si rivela presto un vicolo cieco. Le analisi del DNA sui capelli non trovano corrispondenze con nessuna delle 19 donne esaminate, inclusa l’amante del marito. Una controperizia stabilisce addirittura che i capelli appartengono alla vittima stessa, probabilmente strappati durante la colluttazione.

Le impronte trovate sul luogo del delitto

Anche le impronte di scarpa numero 36 vengono reinterpretate come un possibile depistaggio: sono presenti solo tre orme e tutte del piede sinistro, come se fossero state create artificialmente premendo un pugno all’interno della scarpa.

Le minacce e i depistaggi

Nel quadro investigativo emergono elementi inquietanti che precedono l’omicidio. Vincenzo Morici riferisce di aver ricevuto nelle settimane precedenti numerose telefonate mute. Una settimana prima del delitto, inoltre, era arrivata una lettera anonima minacciosa: “Attenta a tuo figlio conosco tutti gli orari motorino scuola palestra il ritorno del sabato sera”.

La missiva presenta caratteristiche anomale: l’intestazione è scritta prima a macchina e poi cancellata malamente, sostituita da caratteri tracciati con un normografo. Secondo gli esperti, si tratta di un depistaggio orchestrato da chi conosce bene le tecniche investigative: ogni macchina da scrivere lascia tracce distintive e l’autore ha voluto evitare di essere identificato.

I primi sospetti: il domestico dello Sri Lanka

Le indagini si concentrano inizialmente su un ex domestico della famiglia, originario dello Sri Lanka. L’uomo, che lavorava per vari membri della famiglia Falcidia, aveva avuto contrasti con Antonella riguardo al passaporto della moglie, che credeva fosse custodito dalla professoressa in cassaforte insieme a quello della figlia.

Il dottor Morici difeso dagli avvocati Enzo Trantino e Carmelo Galati

Questo sospetto si dissolve rapidamente: l’uomo ha un alibi solido, essendo stato visto pulire le scale di vari condomini fino a tarda notte. Inoltre, secondo gli investigatori, un omicidio così efferato non poteva nascere da motivi così futili.

L’alibi del marito: una ricostruzione precisa

Contrariamente a quanto accade solitamente in casi simili, Vincenzo Morici non è inizialmente il primo sospettato. Il medico ha infatti un alibi apparentemente inattaccabile per quella sera.

Come ogni sabato, era partito per Nicosia accompagnato dalla domestica di famiglia. Ad Agira aveva prelevato il suo assistente, il dottor Salvatore Campagna. I due avevano lavorato nello studio fino alle 20:00, poi effettuato due visite domiciliari fino alle 21:30. Si erano quindi fermati in una trattoria per una cena a base di zuppa di ceci.

Morici aveva lasciato Campagna ad Agira alle 22:30 e aveva percorso gli 80 chilometri che lo separavano da Catania. Il suocero, che abitava nel palazzo di fronte, lo aveva visto arrivare e parcheggiare dopo le 23:15, per poi salire in casa e scoprire il cadavere della moglie.

L’analisi criminologica: il profilo dell’assassino

Il criminologo Francesco Bruno, incaricato di tracciare il profilo psicologico dell’aggressore, descrive l’assassino come “un maschio di età media, di cultura medio-alta, freddo”. L’accanimento delle 26 coltellate suggerisce un legame affettivo molto forte con la vittima, caratterizzato da sentimenti contrastanti di frustrazione e rancore.

Il criminologo Francesco Bruno

Il commissario Silio Bozzi della Polizia Scientifica di Bologna offre una ricostruzione tecnica illuminante: l’assassino si trovava seduto alla sinistra della vittima sul divano. La conformazione del mobile – con braccioli alti e cuscini morbidi – si è trasformata in una trappola mortale per Antonella, impedendole di alzarsi e fuggire.

La trasmissione che cambia tutto

Nel 1998, il caso viene trattato nella trasmissione “Mistero in Blu” di Carlo Lucarelli. È proprio grazie a questo programma che nel 2006 si verifica una svolta inaspettata. Il PM Salvatore Faro, leggendo il libro di Lucarelli dedicato ai casi della trasmissione, nota un dettaglio che era sfuggito agli investigatori.

Utilizzando scanner di nuova generazione, gli inquirenti scoprono che sul divano, alla base della balza, erano state tracciate con il sangue le lettere “E-N-Z”. Secondo l’accusa, si tratterebbe dell’ultima disperata comunicazione di Antonella per indicare il nome del suo assassino: “Enz”, diminutivo di Vincenzo.

La scritta ENZ

Questa scoperta porta nel 2006 all’iscrizione nel registro degli indagati del marito, dopo ben tredici anni dall’archiviazione del caso.

La nuova ricostruzione: un delitto in famiglia

Secondo la nuova teoria accusatoria, Vincenzo Morici avrebbe premeditato l’omicidio della moglie. La sera del 4 dicembre, rientrato a casa, si sarebbe cambiato indossando tuta e scarpe da ginnastica. Dopo aver ucciso Antonella, avrebbe inscenato il depistaggio: creato le false impronte con una scarpa da donna, nascosto gli abiti insanguinati in cassaforte (da qui la denuncia della chiave rubata), e quindi simulato il proprio rientro.

Il movente sarebbe da ricercare nella relazione extraconiugale che Morici avrebbe intrattenuto all’epoca. Cinque mesi dopo l’omicidio di Antonella, nell’aprile del 1994, muore improvvisamente anche il padre della vittima. L’uomo, secondo le ricostruzioni, viene colto da un misterioso malessere che lo porta rapidamente alla morte. Ciò che rende sospetto questo decesso è il fatto che non venga disposta alcuna autopsia, privando così gli investigatori della possibilità di verificare se anche questa morte possa essere collegata all’omicidio della figlia.

Ma le coincidenze non finiscono qui. Anche lo zio Enrico Falcidia, il potente proprietario dell’omonima clinica e figura di spicco della medicina catanese, muore in circostanze che destano più di un sospetto. L’uomo si sottopone a quello che doveva essere un intervento chirurgico di routine nella sua stessa casa di cura ma qualcosa va storto durante l’operazione. Quello che rende la vicenda ancora più inquietante è la presenza in sala operatoria dello stesso dottor Morici.

Il processo e l’assoluzione

Nel marzo 2007 Vincenzo Morici viene arrestato e trascorre 25 giorni in carcere. Il processo che ne segue vede contrapporsi due ricostruzioni inconciliabili.

L’accusa punta tutto sulla scritta “ENZ” e su una nuova perizia che sposta l’ora della morte tra le 23.15 e le 23.30, rendendo teoricamente possibile il coinvolgimento del marito. Inoltre, l’assistente Campagna, dopo tredici anni, modifica la sua versione sostenendo che quella sera si erano separati alle 22.00 anziché alle 22.30.

Vincenzo Morici

La difesa smonta pezzo per pezzo l’impianto accusatorio. Il nipote dei ristoratori di Nicosia conferma che alle 22.00 i due medici erano ancora seduti al tavolo della trattoria. La scritta “ENZ” viene ridimensionata come semplice strisciamento di sangue. Campagna viene considerato inattendibile dai giudici. Sia in primo grado (2011) che in appello (2013), Vincenzo Morici viene assolto “per non aver commesso il fatto” con formula piena.

L’intervista con Franca Leosini

Nel 2009, dopo i processi, Morici si sottopone all’intervista con Franca Leosini in “Storie Maledette”. L’ex chirurgo appare teso, con un atteggiamento che non lo rende particolarmente simpatico al pubblico.

Il dottor Morici durante l’intervista

Durante il colloquio emerge la complessità dei rapporti coniugali: tutti gli amici avevano inizialmente descritto una coppia unita, salvo poi rivelare, quando Morici finisce sotto inchiesta, una relazione in crisi. Il medico ammette di aver avuto “scappatelle” ma non una vera storia d’amore parallela. Il momento più intenso dell’intervista è quando la Leosini gli chiede di raccontare il ritrovamento del cadavere: Morici sembra cedere al pianto e chiede di interrompere.

Gli errori investigativi

Il caso Falcidia è caratterizzato da una serie di errori procedurali che hanno compromesso le indagini fin dall’inizio. L’appartamento non venne mai sequestrato: poche ore dopo l’omicidio, la scena del crimine venne pulita con uno straccio e il giorno successivo la donna di servizio completò le pulizie.

Durante l’ispezione medico-legale non furono rilevate né la temperatura interna né quella esterna del corpo, elementi cruciali per stabilire l’ora della morte con precisione. Questi errori hanno reso impossibile una ricostruzione scientificamente incontrovertibile dei fatti.

Le ipotesi irrisolte

A trent’anni dall’omicidio, il caso resta aperto a diverse interpretazioni. Se Morici non è l’assassino, chi altri poteva avere interesse a uccidere Antonella? Chi poteva entrare in casa senza forzare la porta e agire indisturbato?

L’analisi criminologica suggerisce un assassino metodico e calcolatore, capace di pianificare accuratamente i depistaggi. Il fatto che abbia creato false piste (impronte femminili, capelli, lettere anonime) indica una conoscenza approfondita delle tecniche investigative.

Alcune domande rimangono senza risposta: perché inscenare un depistaggio così elaborato se si trattava di un omicidio passionale? Come ha fatto l’assassino a calcolare con tale precisione i tempi dell’aggressione? Perché Antonella ha aperto la porta in vestaglia a quell’ora?

L’epilogo: una verità che non arriverà mai

Vincenzo Morici, 73 anni, è morto il 10 marzo 2024 presso l’ospedale di Taormina dove era primario. Si era risposato e aveva avuto un altro figlio, cercando di ricostruire una vita normale dopo l’incubo giudiziario. La sua morte chiude definitivamente la possibilità di nuove rivelazioni ma non cancella i dubbi che continuano ad aleggiare su questo caso. Il figlio Riccardo, privato della madre a soli 17 anni, ha sempre creduto nell’innocenza del padre.

Oggi, a distanza di oltre tre decenni, l’omicidio di Antonella Falcidia rimane uno dei cold case più inquietanti della cronaca italiana, un giallo all’inglese ambientato nell’alta società catanese che non ha mai trovato il suo epilogo, come altri fatti di sangue in cui erano rimasti coinvolti camici bianchi. La verità, se esiste, è sepolta insieme ai protagonisti di questa tragica storiaccia di cui rimangono solo domande senza risposta. E il ricordo di una donna brutalmente strappata alla vita nel salotto di casa.

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