Contestati anche il tentato omicidio, l’estorsione, la detenzione di armi da guerra e il favoreggiamento personale.
Salerno – A Torchiara, Capaccio Paestum, Terni, Baronissi e Sulmona, la Sezione Operativa della Direzione Investigativa Antimafia di Salerno ha dato esecuzione ad un’ordinanza di arresto (carcere e domiciliari) a carico di 10 indagati, emessa dal Tribunale di Salerno su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. I coinvolti, a vario titolo, sono ritenuti responsabili dei delitti di scambio elettorale politico mafioso, tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, detenzione, porto e cessione di armi da guerra e comuni da sparo e favoreggiamento personale.
Il patto elettorale mafioso
Le indagini, durate circa due anni (2022-2024), hanno ricostruito i rapporti tra l’ex sindaco di Capaccio Paestum, Francesco Alfieri, e il pregiudicato Roberto Squecco, condannato per associazione mafiosa e considerato esponente del clan Marandino. Secondo gli inquirenti, Alfieri avrebbe stretto un accordo con Squecco e la sua ex moglie, Stefania Nobili, all’epoca consigliere comunale, per ottenere supporto elettorale alle elezioni amministrative del 2019 in cambio della gestione del Lido Kennedy, una struttura balneare già sottoposta a provvedimenti ablatori.
Minacce e tentato attentato
Il patto, secondo la ricostruzione investigativa, sarebbe stato violato con la demolizione parziale del lido da parte dell’amministrazione comunale, scatenando la reazione di Squecco. Quest’ultimo avrebbe minacciato Alfieri tramite intermediari, tra cui un agente della polizia locale, Antonio Bernardi, e un dipendente comunale, Michele Pecora. L’assessore dimissionario alle politiche sociali, Mariarosaria Picariello, avrebbe riferito ad Alfieri i messaggi intimidatori.
Dopo la demolizione, Squecco avrebbe organizzato un attentato dinamitardo contro l’ex sindaco, coinvolgendo tre individui di Baronissi, tra cui i pregiudicati Antonio Cosentino e Domenico De Cesare. L’attacco non è stato realizzato per disaccordi interni, ma ha portato alla scoperta di un arsenale con armi da guerra, tra cui un Uzi e un kalashnikov.
Tentato omicidio e favoreggiamento
Le indagini hanno anche svelato un tentato omicidio tra esponenti del clan Genovese. Domenico De Cesare avrebbe cercato di uccidere Angelo Genovese, figura di spicco del gruppo criminale operante a Baronissi, per questioni legate a un’estorsione. Infine, l’ex consigliere Mariarosaria Picariello è accusata di favoreggiamento per aver rilasciato dichiarazioni omissive, ostacolando le indagini.
L’inchiesta rappresenta un duro colpo alla commistione tra politica e criminalità organizzata in Campania, confermando l’impegno delle autorità nel contrasto alle infiltrazioni mafiose nelle istituzioni.