Il ministro della Cultura sul carteggio tra i due intellettuali: “Un sodalizio efficace, capace di esercitare una influenza significativa”.
Roma – Le 2164 lettere intercorse tra Benedetto Croce e Giovanni Gentile, sono ” il grande racconto di una amicizia, di un dialogo fervido” che con il passare del tempo passa tuttavia “dal dissenso filosofico irriducibile a quello apertamente politico”. Fino ad arrivare all’ultimo scambio di lettere del 1924: poi “nell’aprile del 1925 Gentile si fa promotore del Manifesto degli intellettuali fascisti, al quale Croce risponde nel maggio successivo con il Manifesto degli intellettuali antifascisti. La rottura è irrimediabile, profonda e radicale. Così il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, in occasione della presentazione dell’ultimo volume del carteggio fra Benedetto Croce e Giovanni Gentile all’Accademia dei Lincei.
“Il merito di Croce – fa notare il ministro – è di essersi fatto paladino di democrazia e di aver elevato la voce contro il fascismo che stava togliendo la libertà agli italiani. Gentile commette l’errore di sostenere l’azione tragica di Mussolini, anche se nel 1929 esce dal Gran Consiglio del fascismo e non ha un ruolo politico di primo piano, mentre in privato si spende per proteggere intellettuali antifascisti e di religione ebraica”. Un carteggio che racconta, dice, della crisi di fine secolo, con “il sogno primonovecentesco del partito degli intellettuali, la grande guerra, che travolge e ridisegna la società italiana, evento che, data la partecipazione di entrambi alla vita del paese, si intrecciò con la loro riflessione e la loro opera, investendo anche il versante politico”.
Anni densi, dunque, nei quali, come si evince dal carteggio, i due filosofi che erano stati amici e sodali di battaglie culturali, in nome della rinascita dell’hegelismo, passano dal dissenso filosofico irriducibile a quello apertamente politico. Tanto che “il dialogo di cui si erano intimamente nutriti per lungo tempo – prosegue Sangiuliano – si consuma nella comunicazione quotidiana fino a spegnersi. L’ultimo scambio di lettere è dell’ottobre 1924, quasi cento anni fa. L’intonazione è ancora affettuosa: ‘malgrado tutto, io sarò sempre il tuo Giovanni’. E la lettera di Croce è ancora diretta al ‘Caro Giovanni’“.
Anche quando la disputa filosofica e politica era forte, “come non cogliere un profondo tratto umano, fatto di sentimenti, della memoria di un’antica amicizia e del tratto di strada fatto insieme? Quel dialogo così alto e
sincero, deve farci riflettere” osserva il ministro della Cultura ricordando quanto “l’incontro con Benedetto Croce, di nove anni più anziano di lui, ha segnato la vicenda non solo culturale di Giovanni Gentile, e viceversa, anche Croce, nella sua inquietudine, aveva bisogno di ripensarsi alla luce della energia teoretica dell’altro; insieme – sottolinea – hanno dato vita a un sodalizio efficace, capace di esercitare
una influenza significativa sulla cultura italiana, rinnovandola sia attraverso le loro opere, sia nei progetti editoriali”.
Tutto il resto, mette in chiaro Sangiuliano, “è vicenda e storia italiana ben nota”. Con un’ultima annotazione: l’assassinio di Giovanni Gentile, “evento tragico che sconvolse Croce che nei taccuini di lavoro testimonia il pianto di Adelina, la moglie, ricordando l’amico di famiglia e il tempo della intimità familiare”.