La premier ribadisce forti riserve sullo strumento tuttavia dimostra apertura al dialogo, ma prima di farlo lancia qualche frecciatina al vetriolo all’opposizione. Il Terzo polo abbraccia la proposta, mentre Pd e M5s affilano le unghie. Pronta la richiesta per la sospensiva
Roma – Il dialogo tra maggioranza ed opposizioni, per il “salario minimo” a 9 euro l’ora, sembra possibile ma chissà se vi sarà mai ed in che misura e condizioni, eventualmente, diventerà realtà. Un’apertura si accompagnata però da una richiesta: accettare il rinvio. Il salario minimo infiamma la battaglia politica. Almeno da parte delle opposizioni che hanno presentato unitariamente – tranne Italia Viva – un testo di legge da proporre in Parlamento.
Al momento il disegno di legge è fermo in commissione alla Camera, dove si litiga da giorni per via dell’emendamento soppressivo presentato dalla maggioranza. Se dovesse essere approvato, il testo verrebbe bocciato direttamente, senza essere discusso. Non si tratta di una procedura standard, ovviamente. Le opposizioni hanno attaccato duramente il governo per la decisione politica di evitare il confronto sul tema, riuscendo a rinviare il voto sull’emendamento.
Dalla scorsa settimana, la situazione è in stallo. Tante le indiscrezioni, però sembra che vi sia una reale apertura al confronto da parte della premier. Tra le opposizioni, la possibile apertura è stata letta in maniera molto differente: si va da chi teme il “trappolone”, come il segretario di +Europa Riccardo Magi, a chi esulta per aver finalmente trovato una chiave di dialogo, come il leader di Azione Carlo Calenda. In ogni caso, avviare un confronto può solo fare bene, tranne che ognuno voglia fermarsi sulle proprie posizioni politiche solo per un momento di maggiore visibilità.
La segretaria del Pd ha accolto positivamente la notizia della possibile apertura di Meloni, e ha annunciato che “per il salario minimo è disponibile ad un incontro con lei anche domattina, però la maggioranza ritiri l’emendamento soppressivo”. L’aria che si respira non è delle migliori. Nessuna risposta pervenuta da Palazzo Chigi, al momento. Eppure, qualcosa si muove.
Infatti, pare che il governo sia intenzionato a ritirare l’emendamento soppressivo che rischia di affossare la proposta di legge, a patto però di rinviare l’esame del testo a settembre. Ma le opposizioni attaccano, ritenendo che rinviare non ha senso. Evidente che se si vuole avviare un confronto nel merito delle questioni non si possono immediatamente mettere paletti e condizioni. Infatti, arriva subito la controproposta della maggioranza, la quale di ritirare l’emendamento soppressivo sembra non avere alcuna intenzione, pur con le aperture al dialogo.
“Ora senza volere politicamente infierire, la situazione consiglierebbe, ma servirebbe buonsenso, di posticipare la discussione in aula prevista per il 28 luglio, e ciò se ci si vuole realmente confrontare nel merito della proposta” – ha detto il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti. Diversamente, le opposizioni potranno godere di qualche ora di propaganda, ma senza che ciò serva a dare alcun beneficio concreto a quei lavoratori che dicono di volere tutelare”.
La strada sembra comunque tracciata. Nulla di ufficiale, ma il messaggio è più o meno questo. Che sia una trappola per far naufragare la proposta facendo scemare l’attenzione o un reale avvicinamento, è impossibile saperlo. Le rispettive posizioni sembrano apparentemente inconciliabili, però se si vuole si trovano sempre punti comuni da cui ripartire senza slogan.
Il buon senso, che molto spesso, sembra essere una cenerentola in politica, potrebbe aprire porte ed avviare cantieri e tavoli di confronto e discussione che sicuramente fanno bene alla risoluzione dei vari dossier. Non si sa come andrà a finire, però per essere credibili è necessario che qualcuno abbassi la clava. Azzerare ogni iniziativa potrebbe essere un buon punto di avvio per mostrare reale interesse al confronto scevro da ipocrisie. Certo è bizzarro che “una opposizione, dopo essere stata al governo una decina d’anni, oggi scopre che c’è che in Italia un problema di salario e di precariato – afferma la Premier – e lo considera una responsabilità di un governo che è in carica da nove mesi”. In effetti come darle torto?