Gli amministratori degli enti locali ne fanno anche una questione di soldi e di carenze di personale: non disponiamo di risorse umane ed economiche per fare fronte ai controlli.
Roma – L’ultimo Dpcm non piace ai sindaci italiani. Da Nord a Sud monta la protesta contro Giuseppe Conte e dilaga a macchia d’olio anche se priva di contenuti seri. Dichiarano cosi la propria delusione per un provvedimento che non ha saputo, secondo i primi cittadini, affrontare direttamente la grave situazione d’emergenza.
Il motivo del contendere sarebbe il mancato confronto con i civici consessi per l’applicazione dell’eventuale chiusura, dopo le ore 21 di vie e piazze dove si creano assembramenti, fatta salva la possibilità di deflusso e accesso per chi deve raggiungere esercizi commerciali o abitazioni private.
Insomma una protesta di cui volentieri avremmo fatto a meno di scrivere. Infatti invece di considerare positiva la scelta soft del Governo, i sindaci si lamentano perché è stata lasciata, ai singoli territori, la facoltà e l’autonomia di verificare, eventualmente, la prescrizione di misure più severe. L’unica preoccupazione, peraltro deludente, che pongono in risalto gli amministratori locali è quella di giudicare il Dpcm un provvedimento che ha il solo obiettivo di scaricare sulle spalle dei sindaci la “responsabilità del coprifuoco agli occhi dell’opinione pubblica”.
Nulla di più menzognero. Sarebbe andata benissimo, invece, se le scelte più severe le avesse prese il Consiglio dei Ministri. Quest’ultima soluzione avrebbe permesso ai sindaci di scrollarsi di dosso le proprie precise responsabilità senza subire l’insoddisfazione dei cittadini e le proteste dei commercianti. Cosa non si farebbe per mantenere il consenso popolare.
Si susseguono a ritmo incessante i comunicati dei primi cittadini inferociti. Primo fra tutti il sindaco di Bari, Antonio De Caro, per altro presidente dell’Anci, il quale dopo il varo del nuovo Dpcm non le ha mandate a dire: “…Questo non lo accettiamo…”. Cosi facendo De Caro ha trasformato sé ed i suoi colleghi di tutto lo Stivale in vittime.
E’ veramente paradossale lamentarsi di un provvedimento che prevede per gli amministratori degli enti locali la possibilità di chiudere vie e strade dopo le ore 21 per evitare pericolosi contatti sociali. Di tutta evidenza, invece, che le misure più forti vadano prese a seconda delle diverse emergenze locali, proprio per evitare un lock-down generalizzato. Fin troppo evidente che tutto dipenderà dalla evoluzione del quadro pandemico territoriale.
Ma sembra che manchi la volontà di assumersi ogni responsabilità, dimenticando che il sindaco è anche la massima autorità sanitaria locale, con tutte le conseguenze che possono derivarne. Comunque per effetto della insurrezione “sindacale” il testo entrato in vigore, a differenza di quanto preannunciato in conferenza stampa da Conte, non contiene più in modo esplicito il riferimento ai primi cittadini. Ai quali rimane l’obbligo di coordinarsi con le prefetture e, magari, lasciare che i problemi vengano risolti dalle Regioni.
Al di là di questo aspetto gli amministratori municipali, in effetti, pongono un problema economico ed osservano di non sapere come controllare il territorio, per verificare il rispetto del Dpcm o dell’ordinanza locale di chiusura e verifica, in quanto non dispongono di personale di polizia locale in numero sufficiente.
Invocano, pertanto, maggiore senso di responsabilità istituzionale e condivisione nelle scelte. Solo così, affermano in coro, potranno risolversi le questioni urgenti ed indifferibili. Insomma una protesta fine a sé stessa che ridicolizza il ruolo stesso di chi l’ha organizzata. Ricordiamoci che si sta parlando di ordinanze di temporanea chiusura per motivi di salute. Insomma tutte “chiacchiere e distintivo“ che forse sarebbe stato meglio evitare. Questo sarebbe il momento di agire e di assumersele quelle famose responsabilità.
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