Ricoverato al San Camillo in condizioni disperate, non ce l’ha fatta. Indaga la Squadra mobile: la pista dell’incidente.
Roma – È morto alle 6 di questa mattina il ragazzino di 13 anni rimasto gravemente ferito alla testa da un colpo d’arma da fuoco nella tarda serata di sabato 5 aprile, nella sua abitazione in zona Marconi. Ricoverato in condizioni disperate all’ospedale San Camillo, i medici purtroppo non sono riusciti a salvarlo. La Squadra Mobile e il commissariato San Paolo stanno lavorando per ricostruire la dinamica di una vicenda ancora avvolta da molti interrogativi, con la pista dell’incidente che appare al momento la più accreditata.
I fatti: un colpo partito in casa
Il dramma si è consumato sabato sera verso le 23, quando il 13enne è stato trasportato d’urgenza al San Camillo con una ferita d’arma da fuoco alla testa. Secondo le prime ricostruzioni, l’incidente sarebbe avvenuto all’interno dell’appartamento dove il ragazzo viveva con la famiglia. In casa era presente il padre, ma gli inquirenti ritengono che si trovasse in un’altra stanza al momento dello sparo, intervenendo solo dopo aver udito il rumore.
L’arma, una pistola regolarmente detenuta per uso sportivo dal fratello maggiore del ragazzo, sarebbe finita nelle mani del minorenne. La tesi principale è che il 13enne stesse maneggiando l’arma, forse per curiosità o inesperienza, quando il colpo è partito accidentalmente, colpendolo mortalmente. Non è ancora chiaro come il ragazzino abbia avuto accesso alla pistola né se fosse carica e priva di sicure adeguate.
Le indagini in corso
Gli investigatori della Squadra Mobile, coordinati dalla Procura di Roma, stanno analizzando ogni dettaglio per chiarire i contorni della tragedia. L’appartamento è stato posto sotto sequestro, e gli esami balistici sull’arma – che risulta legalmente registrata – sono in corso per verificare le modalità dello sparo. Si attende anche l’autopsia sul corpo del ragazzo, che potrebbe fornire ulteriori elementi sulla dinamica.
Il padre, presente in casa, è stato ascoltato come persona informata sui fatti, ma al momento non emergono responsabilità dirette a suo carico. Gli inquirenti stanno cercando di capire se ci siano state negligenze nella custodia dell’arma, un aspetto che potrebbe aprire un filone parallelo sull’adeguatezza delle misure di sicurezza adottate dal fratello, titolare della pistola.