Chi ha conosciuto bene i meccanismi del Movimento più contraddittorio della storia repubblicana se n'è allontanato di corsa. Oggi il partito di Beppe Grillo è solo peggiorato, fatti alla mano.
Roma – Che il Movimento 5 Stelle fosse una realtà, diciamo così, sopra le righe, era chiaro dall’inizio. La sensazione è sempre stata quella di trovarsi di fronte alla Corrida “politica” del buon Corrado: dilettanti allo sbaraglio, appunto.
Regole assurde e spesso infrante, personaggi da avanspettacolo, discorsi degni di una sceneggiata napoletana.
Quello che forse non ci si aspettava sono le parole di Paola Bernetti, ex pentastellata vincitrice delle primarie per il Senato, che ha rilasciato un’intervista nel lontano 2016, allora passata quasi in sordina ma oggi destinata a fare scalpore.
Vale la pena di riprendere quelle dichiarazioni ancora attualissime:
“…Il Movimento 5 Stelle è pericoloso per la democrazia – esordì allora la Bernetti senza giri di parole – mi sono disiscritta dopo sette anni, soffrendo per l’enorme esclusione. Ma non voglio esser complice di quella che potrebbe diventare una dittatura, se i grillini andassero al Governo…”.
Il motivo per cui la Bernetti non sta seduta sugli scranni romani, considerato l’exploit alle primarie, è presto detto: inciuci, come si suol dire, con preferenze dirottate, elezioni di parenti e il solito scenario tutto italiano. “Onestà“, certo.
Nonostante l’esclusione assurda, lei continua a votarli “pensando che gli altri partiti sono peggio”. Non voleva passare per la “traditrice”, la dissidente. Ad un certo punto però decide che è ora di parlare e di svelare scenari nascosti di quella che lei definisce una vera e propria setta.
“La mia distanza dal Movimento 5 Stelle aumentava ad ogni espulsione”. Ad aprirle definitivamente gli occhi sarebbe stata proprio l’espulsione di Federico Pizzarotti, sindaco di Parma.
Paola Bernetti parla dei 5Stelle come di “un colpo di fulmine, amore a prima vista”.
Assidua lettrice del blog di Grillo fin dal 2006, vedeva nel Movimento quelle che le sembravano “facce pulite, piene di ideali come me, che sognavano di cambiare il mondo. Ci sentivamo molto importanti, pensavamo di fare la storia”.
In un certo senso è stato così, ma non come lo immaginavano.
Tutto prosegue a gonfie vele fino al 2012, tra volantinaggi e militanze, con passione, nonostante il partito fosse arrivato all’epoca ad un misero 3%. La fede in Grillo era incrollabile, lo ammette lei stessa:
“…Vedevo in Grillo un padre padrone, però buono e giusto, che avrebbe sempre e solo fatto gli interessi del Movimento guidandoci con disinteresse. Alle prime espulsioni lo giustificai ancora: era giusto cacciare chi danneggiava la nostra immagine. Non mi sfiorava l’idea di essere vittima di una setta e che io stessa ero diventata un’adepta…”.
È alle primarie del 2012 che la Bernetti si rende conto che c’erano dei veri e propri burattinai ai vertici del Movimento e che erano queste persone a decidere chi sarebbe entrato in Parlamento. Altro che “cambiamento e trasparenza”.
“…Ufficialmente tutto avviene online, attraverso il portale della Casaleggio srl – spiega la Bernetti – ma ogni controllo viene respinto. Sbandierano trasparenza, ma hanno fatto sparire tutti i voti delle ‘parlamentarie’. I risultati delle primarie per le europee del 2014 li hanno tenuti segreti. Sbandierano coerenza, ma sulla presenza in tv hanno cambiato idea cinque volte, perfino espellendo Federica Salsi per una comparsata in tv…”.
Una specie di culto, insomma, con tanto di comandamenti e un guru da seguire sempre e comunque. Ma c’è di più per Bernetti:
“Il Parlamento deve votare una seria legge sulla democrazia all’interno dei partiti. Io non li voterò più: sono diventati un partito demagogico”.
Nonostante siano passati ben cinque anni da quelle parole, oggi come non mai varrebbe la pena di approfondire la questione. E comprendere, una volta per tutte, la vera ideologia di un partito politico dalle troppe contraddizioni. Sarebbe ora.
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