Rispettate la montagna, basta con il turismo selvaggio

Le orde barbariche di un certo tipo di turismo non fanno altro che aumentare le già massicce criticità delle nostre montagne e delle aree verdi d’altura. Occorrono provvedimenti urgenti.

La montagna colpita a morte da una raffica di like! Uno dei tratti tipici dei social è la possibilità di amplificare, come mai prima d’ora, su scala globale, qualsiasi evento. Nemmeno il turismo montano ha resistito all’orda barbarico-tecnologica, come ha ricordato un articolo apparso su “Gambero rosso”, casa editrice specializzata in enogastronomia. Conta esserci per immortalarsi e immortalare. L’overtourism è arrivato fin lì.

Neanche i lai esacerbati di Reinhold Messner, noto alpinista ed esploratore, sono serviti a qualcosa. Gli attori dello squallido spettacolo sono stati i soliti: ingorghi di auto, selfie a ciclo continuo e influencer che sbucavano dappertutto. Code chilometriche sui sentieri come per uno spettacolo sportivo o musicale o per accaparrarsi l’ultimo modello tecnologico in un centro commerciale, le pressioni sull’ambiente impossibili da sopportare. A conferma di una visione selvaggia della montagna, sfruttata per foto e video, senza conoscere alcunché di essa.

Tipo il turismo “usa e getta”. Luoghi fino a qualche anno fa mete di pochi, oggi sono diventati accessibili perché “instagrammabili”, locuzione orrenda che esprime la mania di pubblicare immagini, video, storie su Instagram, il social attraverso cui si possono condividere contenuti permettendo agli utenti di interagire e seguire account di interesse. Si è innescato un circolo vizioso per cui frotte di scalmanati, alla fine delle loro performance, lasciano i terreni erosi, sporcizia sparsa un po’ dappertutto, tanto per essere equi e il Soccorso Alpino tempestato di chiamate, perché qualcuno, vittima della propria foga, ha avuto bisogno di aiuto.

Gli Enti locali sono al limite della sopportazione. Hanno cercato di arginare il fenomeno con regole e ticket da pagare. Ma è stato tutto vano, in quanto queste azioni sono intervenute dopo che i danni erano stato fatti. Tuttavia, gli influencer rischiano di diventare il capro espiatorio. Allo spettacolo si sono accodati all’inizio i Comuni, le aziende di soggiorno e turismo e tutta la catena ricettiva, eccitati dai sicuri guadagni. Il fenomeno, poi, è sfuggito loro di mano con gli effetti sotto gli occhi di tutti. Perché si desidera una visibilità nell’immediato che deflagra grazie ai social.

Overtourism che tragedia! Da GognaBlog

Il fatto è che i turisti improvvisati della montagna ignorano cosa sia e come rispettarla. A loro interessa solo il like, “spararsi le pose”, tanto per utilizzare un gergo giovanilistico. Ovvero la molla che li spinge è l’apparire, comunque, dovunque e ad ogni costo. Come dei “Fantozzi” allo sbaraglio, senza sapere, ad esempio, che tipo di calzature usare per attraversare sentieri impervi, ci si incammina senza essere consapevole del tempo che farà, mettendo a repentaglio la propria vita. Secondo il Soccorso Alpino e Speleologico ci sono stati finora 83 morti e 5 dispersi, pari ad una crescita del 20% rispetto agli anni scorsi. Centra qualcosa l’impreparazione e la sprovvedutezza di chi s’incammina verso sentieri pericolosi, rivelatesi tali per mancanza di conoscenza?

Si mette a repentaglio la propria vita per un like o una foto. Comportamento da Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) altroché. C’è bisogno di un cambio di paradigma. La montagna va narrata per la sua complessità, difficoltà e fragilità per cui c’è bisogno di conoscenza, addestramento e, soprattutto rispetto. Non è una “cartolina” da mostrare”, ma un viaggio da comprendere, nel senso etimologico del termine, ossia prendere nella totalità. Solo così si potrà scoprire il suo mistero e fascino. Ma, soprattutto evitare i danni!