Più di un adolescente su 4 tra i 14 e i 18 anni (il 26%) pensa sia frequente subire o assistere a discriminazioni legate a identità sessuale.
Roma – Più di un adolescente su 4 tra i 14 e i 18 anni (il 26%) pensa sia frequente subire o assistere a discriminazioni legate all’orientamento o all’identità sessuale, il 22% a discriminazioni sessiste, mentre più di uno su tre (il 35%) a episodi di body shaming. Quasi uno su 4 (il 24%) ritiene la pornografia una rappresentazione realistica dell’atto sessuale, mentre il 17% dei ragazzi e delle ragazze è d’accordo che l’autoproduzione di materiale pornografico possa aiutarlo/a a soddisfare alcune necessità economiche. È il risultato di un’indagine realizzata da Save the Children, che evidenzia come solo il 12% ritiene che il sesso online abbia lo stesso valore di quello dal vivo. ll 66% ha avuto esperienze sessuali. Il 16% degli adolescenti intervistati lo ha fatto per non sentirsi diversa/o e quasi uno su dieci per le pressioni del/della partner.
Un anno dopo la pubblicazione della ricerca “Le ragazze stanno bene? Indagine sulla violenza di genere onlife in adolescenza”, Save the Children torna ad approfondire il rapporto tra giovani e sessualità, con una pubblicazione dalla quale emerge un maggior dialogo tra genitori e figli su questi temi, ma anche la necessità di un’educazione sessuale e affettiva sistemica e multidisciplinare, per supportare i giovani nel vivere in modo sano e consapevole le loro relazioni e la loro sessualità. Per questo l’Organizzazione lancia la campagna “Facciamolo in classe”, insieme al Movimento Giovani per Save the Children e alla TV host & content creator Aurora Ramazzotti.
Ben l’82% non ha mai fatto un test HIV – dice il report – e solo il 12% è stato in un consultorio. La principale fonte di informazione dei ragazzi e delle ragazze su questi temi è il web: il 47% degli intervistati sceglie siti web e articoli online per informarsi sulle pratiche sessuali e il 57% per approfondire il tema delle infezioni sessualmente trasmissibili. Dal punto di vista dei genitori, il 75% si sente a proprio agio a parlare di sessualità con i figli e più di uno su dieci (il 13%) si è trovato ad affrontare le loro relazioni “tossiche”. Quanto alle percezioni sui comportamenti legati alla sessualità tra i coetanei, per il 66% degli adolescenti può succedere che le ragazze abbiano esperienze sessuali dopo aver bevuto molti alcolici (binge drinking) e il 69% di loro pensa che subiscano pressioni dal partner per avere rapporti intimi senza preservativo.
L’indagine di Save the Children esplora i temi della consapevolezza di adolescenti e genitori riguardo a sessualità e affettività, salute e accesso ai servizi, compreso il ruolo del digitale e degli agenti educativi, come la famiglia e la scuola. “Dalla ricerca emergono passi avanti significativi nel dialogo tra giovani e genitori sui temi della sessualità. Tuttavia, il digitale rimane la risorsa principale delle informazioni su questi aspetti e colpiscono i dati sullo scarso accesso ai servizi sanitari, ai consultori e la percentuale molto limitata di adolescenti che si sottopongono al test HIV, così come la resistenza di stereotipi e false credenze – ha dichiarato Antonella Inverno Responsabile ricerca e analisi dati di Save the Children -. Inoltre, preoccupa fortemente il comune sentire rispetto alle discriminazioni subite o testimoniate e ad alcuni comportamenti a rischio, come il binge drinking associato alla sessualità, anche se si tratta di dati basati sulla percezione delle e degli adolescenti rispetto ai loro coetanei”.
Nel report viene trattato anche il tema dell’accesso ai servizi: solo il 24% degli adolescenti saprebbe con certezza a chi rivolgersi in caso di urgenza legata alla sessualità, mentre il 54% lo saprebbe solo probabilmente, ma più di uno su cinque (il 22%) non saprebbe a chi chiedere (probabilmente no 18% e sicuramente no 4%). I genitori sono più ottimisti: solo l’11% ritiene che il figlio/la figlia non saprebbe a chi rivolgersi in caso di necessità. Solo il 12% degli adolescenti è stato in un consultorio, con una percentuale leggermente maggiore tra le ragazze (15%). L’8% avrebbe voluto accedervi ma non lo ha fatto, mentre il 77% dichiara di non averne sentito il bisogno. Coerentemente con questo dato, il 13% dei genitori afferma di aver accompagnato i propri figli al consultorio. Le principali barriere all’accesso per chi avrebbe voluto andare, ma non lo ha fatto, sono la vergogna (31%) e la difficoltà a recarvisi da soli (26%). Inoltre, il 24% di chi avrebbe voluto andare, ma non lo ha fatto, segnala l’assenza di un consultorio nelle vicinanze.