Reggio Calabria – La lotta alla ‘ndrangheta diventa internazionale. In queste ore infatti ha preso il via il progetto I-Can (Interpol Cooperation against ‘ndrangheta), presentato a Reggio Calabria lo scorso 30 gennaio e volto a unificare il lavoro della polizia italiana con quello dell’Interpol. L’incontro costitutivo, svolto rigorosamente in videoconferenza, ha visto la partecipazione delle massime cariche della polizia nazionale ed è stato accolto con entusiasmo dalle autorità civili e militari.
Della sala riunioni della Direzione centrale della polizia Criminale, a Roma, sono intervenuti il capo della Polizia Franco Gabrielli, il comandante generale dell’Arma dei carabinieri Giovanni Nistri, il comandante generale della Guardia di finanza Giuseppe Zafarana e il vice capo della Polizia Vittorio Rizzi ha illustrato il progetto.
“…Abbiamo deciso di investire – ha dichiarato Gabrielli – sulla cooperazione multilaterale di polizia per arricchire i nostri, sia pur consolidati ed efficaci rapporti bilaterali, scegliendo la più grande Agenzia internazionale di polizia, quale Interpol, perché siamo convinti dell’effetto moltiplicatore sulla sicurezza delle informazioni di polizia condivise tra quei Paesi più esposti al rischio ‘Ndrangheta, che come una piovra si insinua silente nei nostri tessuti sociali ed economici….Il capo della Polizia ha poi proseguito “Il Covid-19, che per il mondo intero rappresenta la più tragica ed improvvisa pandemia dell’era moderna, per la ‘ndrangheta potrebbe diventare una straordinaria occasione per acquisire nuove aree di mercato e riciclare denaro sporco. Nel post-emergenza la minaccia mafiosa potrebbe esplodere con una forza inedita: l’onda d’urto della massa di capitali sporchi della ‘Ndrangheta potrebbe finanziare la crisi di liquidità delle grandi aziende, ma anche delle piccole e medie imprese, che a causa del lockdown e della conseguente recessione economica potrebbero non essere in grado di far fronte ai propri pagamenti. Il rischio concreto è che la ‘Ndrangheta sfrutti il momento di difficoltà per insinuarsi nelle gare pubbliche e nelle compagini societarie, così che al termine dell’emergenza potrebbe aver inquinato tutti i settori economici, controllando imprese in precedenza sane…”.
Il programma nutre la necessità di implementare dal punto di vista internazionale le lacune giuridiche tramite le quali i boss della ‘ndrangheta riescono a diversificare il loro portafogli e investire all’estero senza troppi problemi. A spiegare quelle che saranno le caratteristiche dal punto di vista strategico operativo è intervenuto Vittorio Rizzi. Gli obiettivi emersi sono
“…La realizzazione di un programma – spiega il vicario della Polizia di Stato – di consapevolezza globale per colmare la mancanza di notizie di dettaglio sul metodo di infiltrazione della ‘ndrangheta; l’utilizzo e lo sviluppo delle più moderne tecnologie per l’analisi operativa, anche di natura predittiva; la realizzazione di attività operative coordinate volte all’arresto di latitanti ed al sequestro ed alla confisca dei beni illecitamente acquisiti…”.
Senza ombra di dubbio a rendere ancor più difficile la lotta alla ‘ndrangheta, oltre alle problematiche sociali che si possono riscontrare in Calabria, è proprio la sua organizzazione. In occasione della presentazione del progetto, la Polizia aveva brevemente spiegato la struttura ossea della malavita calabra. Le ’ndrine, come evidenziato in conferenza, sono alla base della piramide e si identificano con una famiglia (o con più famiglie legate da rapporti di parentela) di origini calabresi. Più ’ndrine formano il locale di ’ndrangheta, struttura intermedia che rappresenta una base operativa stabile. In Calabria opera un’ulteriore struttura, il mandamento (ionico, tirrenico e di Reggio Calabria città), costituito dall’unione dei locali in assoluto più forti. Questa ulteriore differenziazione gerarchico-territoriale è comune alla mafia siciliana che prevede anche un capo per ogni mandamento.
La struttura superiore di riferimento per tutti i locali è il Crimine, organismo formato dai capi dei locali e dei tre mandamenti, che decide le strategie complessive dell’intera organizzazione criminale nel mondo. Al vertice della piramide c’è la Santa: componente segreta e riservata della ’ndrangheta, i cui componenti non sono noti nemmeno ai boss.
Il progetto è articolato e concreto e speriamo vivamente che porti a risultati apprezzabili:”…Le mafie più attente – ha evidenziato Nicola Gratteri – alla pancia e al consenso danno una busta di spesa da 50, 100 euro che sono elemosine ma servono per mantenere il filo tra la gente e la mafia. E quando sarà il momento di votare, le persone si ricorderanno del candidato della mafia, di quella mafia che gli ha fatto la spesa…”. Un legame che bisogna spezzare definitivamente.