Altro che leggi nuove, occorre maggiore responsabilità degli apparati giudiziari anche a tutela dei cittadini che denunciano e chiedono giustizia
Roma – Poi parlano di processi lunghi e prescrizione. P.S. è un giornalista di 57 anni che si occupa di nera. Per via del suo lavoro incontra una persona che diventerà il primo attore di una delle sue vicende raccontate per un paio di settimanali ed un quotidiano. Per quella intervista, però, l’uomo voleva essere pagato e da qui nasce una diatriba, con tanto di tira e molla per un centinaio di euro, che avrebbe portato i due in tribunale. Il protagonista del servizio, non vedendosi accontentato, scriveva una lettera calunniosa e diffamatoria all’ordine dei giornalisti descrivendo fatti non veritieri pur di vedersi pagata l’intervista. Cosa che il cronista non avrebbe fatto nemmeno per tutto l’oro del mondo, atteso che nessuna richiesta in tal senso gli era stata fatta dal personaggio prima della stesura del servizio.
L’ordine professionale richiamava il giornalista e lo esortava a dare spiegazioni e P.S. inviava al consiglio di Disciplina due denunce per diffamazione inoltrate contro la persona che lo aveva descritto come il peggiore dei pennivendoli. La cosa prendeva un brutta piega, per la parte lesa ovviamente. Il primo pubblico ministero che si era visto sulla scrivania il fascicolo decideva di ascoltare il giornalista demandando l’incombenza ai carabinieri. Il professionista ribadiva le sue ragioni e consegnava, per la seconda volta, gli allegati a corredo delle due querele nelle quali il cronista si riteneva diffamato, a mezzo telefonate minacciose ed sms dello stesso tenore, dal soggetto di quella stramaledetta intervista da due soldi. Dopo ben tre mesi il pubblico ministero decideva di sequestrare il telefonino al giornalista (e non all’indagato che, nel frattempo, non era stato ancora identificato) lasciandolo senza il suo mezzo di lavoro per altri due mesi.
Successivamente il fascicolo si spostava da una città all’altra poiché il primo pubblico ministero, intelligentone, decideva di spedire il fascicolo ad altro tribunale viciniore dopo aver stabilito, peritus peritorum, che le telefonate e gli sms sarebbero stati trasmessi e ricevuti interessando un ripetitore ubicato in altro distretto. Dopo qualche giorno (e siamo già a sei mesi dalla presentazione delle due querele rispettivamente la prima per telefonate e messaggi minacciosi e diffamatori e la seconda per diffamazione a mezzo blog) un più solerte pubblico ministero notificava al giornalista un provvedimento di dissequestro del telefonino con successiva trascrizione, a mezzo della polizia giudiziaria, degli sms oggetto di minacce e diffamazione (a parere del giornalista di nera anche di calunnia). Terminata l’incombenza giudiziaria l’ordine dei giornalisti decideva di archiviare la pratica attesa la congrua documentazione presentata dal cronista a sua discolpa. Passavano altri sette mesi e delle due querele nessuna notizia.
L’avvocato di fiducia del cronista sollecitava l’azione penale ma la cancelleria del tribunale non si è mai degnata di rispondere ai diversi solleciti sino a quando lo zelante penalista non decideva di vederci chiaro presentandosi di persona in quell’ufficio lento come una lumaca. Una volta a tu per tu col personale di turno l’avvocato doveva arrendersi davanti all’imponderabile: il fascicolo di P.S. non si trova, sembra sparito nei meandri di tonnellate di carta bollata. Cos’era uno scherzo? Diceva P.S. al suo legale mentre quest’ultimo, incazzato non poco, decideva di mettere nero su bianco ri-sollecitando i diversi organi giudiziari ad una maggiore diligenza o, per lo meno, a fare in modo di ritrovare il fascicolo smarrito prima di rivolgersi a Chi l’ha visto! Dopo altri tre mesi il faldone sparito saltava fuori e veniva assegnato ad un terzo pubblico ministero che, presumibilmente non contento dell’operato dei suoi predecessori, decideva di interrogare di nuovo la parte lesa. Anche questa volta tramite la polizia giudiziaria.
Ormai erano passati più di due anni da quell’ultimo interrogatorio e tra un pubblico ministero in tutt’altre faccende affaccendato ed un Gip titubante, l’avvocato della difesa dopo oltre tre anni, decideva di chiedere il trasferimento del processo in altra città, la terza. Secondo il leguleio, infatti, era proprio quella la città dove si sarebbero consumati i presunti reati commessi del suo assistito che, almeno questo, era stata rinviato a giudizio per diffamazione. Le minacce e le calunnie, nel contempo, si erano perse per strada. Beh, pensava il coriaceo cronista, almeno adesso otterrò giustizia. Macchè. Dopo altri due anni di attesa stressante del processo, ovvero della fissazione della prima udienza, nessuna notizia. Dopo telefonate e raccomandate elettroniche (siamo a sette anni dal deposito delle due querele) alla presidenza del tribunale inadempiente, l’avvocato del giornalista riceveva una Pec nella quale la presidenza del palazzo di giustizia informava la parte lesa dell’avvenuta prescrizione del reato, lavandosi le mani di tutto e di tutti. P.S. ed il suo avvocato, però, calcoli matematici alla mano, si accorgevano che la data esatta per la prescrizione sarebbe stata calendarizzata ben tre mesi dopo quella calcolata dall’ente giudiziario. Insomma, per farla breve, il tribunale (mentendo e sapendo di mentire) tentava di gettare nella spazzatura il cosiddetto diritto alla giustizia, costituzionalmente garantito ad ogni cittadino, sprecando sette anni di lavoro (e soldi dei contribuenti) per giungere ad un nulla di fatto. Ma P.S. e il suo legale non demordono e annunciano denunce per omissioni e abusi d’ufficio, ricorsi al Csm e al consesso giudiziario europeo. Insomma andranno sino in fondo sino a pubblicare la vicenda in chiaro ovvero con tanto di nomi e cognomi su stampa e tv:
”…Se fosse stato un giornalista a diffamare qualcuno a mezzo stampa – dice rammaricato il collega – in sei mesi saremmo arrivati a buon punto del primo grado. Quando è un giornalista ad essere diffamato questi sono i tempi? Per altro l’imputato ha già avuto a che fare con la giustizia ma in questa vicenda sembra che i ruoli si siano invertiti. Non mi arrendo, andò sino in fondo anche per coloro i quali, numerosissimi, sono stati travolti dalle medesime vicissitudini…”.
Poi parlano di processi lunghi e prescrizione. Ma mi faccino il piacere, mi faccino…