La corsa alla segreteria del Partito Democratico vede Elly Schlein e Stefano Bonaccini quali favoriti assoluti. Ma non sono da sottovalutare altri candidati che potrebbero ribaltare le previsioni.
Roma – Oggi si saprà chi sarà il vincitore delle primarie dem. Nessun brivido e nessuna sfida identitaria e visionaria in corso. Il congresso e i gazebo del Pd, teoricamente dagli esiti incerti, potrebbero portare a scenari contrapposti, cioè vi potrà essere il rischio di un risultato diverso tra gli iscritti e alle primarie aperte agli elettori non tesserati. Forse una opportunità di vera libertà e di confronto fra le varie articolazioni interne, ma che rischia di spaccare ulteriormente il partito. D’altronde solo così forse, cioè senza un unanimismo esasperato e ipocrita, si potrà elaborare il percorso dei democratici.
Con Elly Schlein in campo il congresso del Pd si avvia a essere un duello senza esclusione di colpi, tra lei e il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Con il paradosso che le esecrate correnti dem, che entrambi dicono di volere superare, si sono già posizionate ma in prevalenza con la giovane outsider, che non infiamma gli animi, ma che ricorda tanto l’enfant prodige Matteo Renzi, che per il Pd è “l’innominato” di manzoniana memoria. Il paradosso è che le maggiori correnti sostengono proprio l’outsider. Infatti, ci sono Dario Franceschini, Nicola Zingaretti, il vicesegretario di sinistra Giuseppe Provenzano, Andrea Orlando e addirittura il plenipotenziario del Pd romano Goffredo Bettini.
Con lei anche Alessandro Zan e Laura Boldrini. Insomma, la sfida congressuale taglia in due il Pd come una mela. E non è un mistero che a Schlein guardi con simpatia anche il segretario uscente Enrico Letta anche se il braccio destro, Marco Meloni, ha scelto Bonaccini. Comunque, l’attuale segretario ha voluto fortemente la candidatura di Schlein alle politiche del 25 settembre. Ed è stato sempre Letta a inventarsi la procedura della fase costituente prima del confronto tra i candidati in modo da permettere anche a chi ancora, come Schlein, non era ancora iscritto al partito di partecipare alla sfida. Strategie, solo strategie. Battaglie, insomma, sui nomi e la nomenclatura da supporto senza, però, che si sia avviato un percorso di analisi e di prospettiva che sia slegato dai nomi dei potenziali concorrenti alla segreteria.
Insomma, “chiacchiere e distintivo” che allontanano e che non entusiasmano il popolo piddino. Così come in alcune realtà territoriali si è proceduto alla sostituzione o meglio elezione, a freddo, del segretario provinciale, senza prima confrontarsi attraverso un confronto di idee sulla visione del partito. Uno sbaglio enorme. A Catania, per esempio, dopo le dimissioni di Angelo Villari è stata eletta una nuova dirigente ad occupare la poltrona di segretario provinciale. Eppure, in Sicilia non è che la luce dei dem brilli tanto forte da accecare le altre stelle del firmamento politico. Ma così è stato, nonostante stasera si svelerà “l’arcinoto mistero” del nome che guiderà i dem. Una opportunità persa.
In ogni caso ritornando sulla piazza nazionale si nota un certo movimentismo tra gli amministratori locali in favore di Bonaccini, sostenuto dalla corrente “Base riformista” che fa capo a Lorenzo Guerini, ma anche da una fitta rete di sindaci e amministratori, tra cui Dario Nardella di Firenze, Giorgio Gori di Bergamo, Matteo Ricci di Pesaro e Antonio Decaro di Bari. A cui si sono uniti anche i governatori Eugenio Giani, De Luca ed Emiliano. Insomma, gran parte dei dirigenti dei territori stanno con Bonaccini, mentre i big nazionali tifano per Elly Schlein. A livello di dirigenti nazionali per Stefano Bonaccini ci sono poi le due capigruppo, Simona Malpezzi e Debora Serracchiani, i Giovani Turchi di Matteo Orfini e parte di Areadem che non ha seguito Dario Franceschini. Intanto De Micheli ha fatto l’endorsement per Bonaccini, mentre Cuperlo ha scelto di non schierarsi.