Policoro – No alla riapertura dell’inchiesta

Non ci saranno nuove indagini per la morte di Marirosa Andreotta e Luca Orioli. Le motivazioni del diniego in sette pagine di provvedimento in cui però permangono immutati gli stessi dubbi e perplessità di 37 anni fa.

Matera – La richiesta di riapertura delle indagini sulla morte di Luca Orioli e Marirosa Andreotta è stata rigettata ancora una volta. La Pm della locale Procura, Maria Cristina De Tommasi, che si è occupata dell’istanza presentata dall’avvocato Antonio Fiumefreddo del Foro di Catania, per conto di Olimpia Fuina Orioli, mamma di Luca, non ha ritenuto sufficienti né probanti le motivazioni per una nuova inchiesta.

In particolare il magistrato requirente ha evidenziato che “Alla luce del corposo carteggio, deve rilevarsi che i temi introdotti o sono stati ampiamente vagliati, ovvero mirano ad una mera rivalutazione degli elementi già acquisiti al procedimento, rappresentando quindi mere censure fini a sé stesse delle argomentazioni dei plurimi provvedimenti di archiviazione che si sono succeduti nel tempo…”. Le eccezioni più importanti riguardano le richieste investigative, ex art. 414 Cpp, formulate dal penalista catanese nel merito di “Accertare l’orario esatto dell’intervento dei Carabinieri presso l’abitazione degli Andreotta” a cui la Pm ha risposto con un laconico “Si richiama un ordine di servizio del 1997 che attesta l’orario all’1:00 del 24 marzo 1988” dunque nessuna verifica di altri atti o tabulati cosi come sono state ignorate le incongruenze e i testimoni che parlano di presenze precedenti sul luogo del delitto. Tanto per dirne una.

Avvocato Antonio Fiumefreddo

Secondo il legale di Olimpia Fuina, però, ci sono diverse dissonanze nelle risposte del pubblico ministero a sostegno del proprio rigetto:

Avevo chiesto di accertare finalità e contesto del falso in perizia Valecce – afferma Fiumefreddo – ma ci si limita a dire che si tratta di un reato prescritto, e questo ci era ben chiaro ma si è chiesto perciò di indagare sul contesto che ha permesso che si prescrivesse un reato così grave e soprattutto che si indagasse su chi ne ha beneficiato…Per quanto attiene la richiesta di escussione dei due fotografi Vito Orlando e Salvatore Cerabona nel merito di manipolazioni della scena del crimine, non ho ricevuto alcuna menzione, cosi come per altri testi e persone informate sui fatti e sospettati. Nulla addirittura su una importante intercettazione. Il resto è solo una lunga sequela di silenzi assordanti e valutazioni già espresse in passato che il Pm ha inteso sottolineare ad ogni mia richiesta. Non importa, le decisioni si rispettano, ma la battaglia continua…”.

Olimpia Fuina Orioli si sente di nuovo tradita dalla giustizia. Da quella giustizia che per 37 lunghi anni le avrebbe negato la verità sul gravissimo fatto di sangue:

Olimpia Fuina Orioli

Ho vissuto questi lunghi anni di luce nera nel silenzio istituzionale più avvilente – aggiunge la mamma di Luca con grande commozione – Dopo aver subìto la morte di mio figlio tra intrighi, menzogne, omissioni, depistaggi, perizie falsificate, autopsie pilotate e rivelate tali dagli stessi assertori, senza che lo Stato intervenisse a sanare un tale sistema inguaribilmente corrotto alle radici…Lo Stato era ed è ancora impassibilmente sordo, cieco e muto dinanzi ad un tale squallido raggiro vincente delle Leggi, orgogliosamente avocato dai nobili virtuosismi elucubranti degli opportunamente incaricati azzeccagarbugli, ammanicati ad un sistema di potenti poteri istituzionali, saldamente interrelati fra loro. Certamente, sono potenti, ma non forti. La forza è quella che ho dovuto maturare io nelle avversità giudiziarie credo infamanti per chi le ha eseguite e non per chi le ha ricevute. Una tale viltà offende la casta che la sfoggia oltraggiando la Legge, usandola, poi, addirittura, come arma potente contro i disarmati. Questa è infame potenza e non forza. Essa è l’autoaccusa e l’auto-condanna di una Procura senza una identità professionale riconoscibile e rispettabile. Eppure tanta viltà è stata ed è la ragione profonda della forza che ho dovuto esercitare per resistere ai miserrimi attacchi sferrati alla Legge e alla fragilità dei sottoposti. Difendo a gran voce il diritto dei non ammanicati al sistema. Per questo mi sento vincente su usi e soprusi di un così alto rango, sprofondato nel fango…Alla luce del vero, nulla poteva cambiare. Cane non mangia cane. Indubbiamente mi ero illusa. È questa la ragione della mia ulteriore delusione. Sono stata delusa dalla mia positiva aspettativa. Per un attimo ho pensato che fosse giunto il momento divino della verità. Devo aspettare ancora e con la forza della Fede ce la farò. Tutto fa parte di un Progetto Divino che continuerò a servire con tutto l’Amore che ho per tutti quei figli diseredati dei propri diritti da un sistema così poco virtuoso…La pace sia con tutti gli operatori di ingiustizia che servono indegnamente lo Stato”.

I due giornalisti che si sono occupati della ricostruzione del caso negli ultimi tre anni non hanno inteso rilasciare alcuna dichiarazione in merito: “Continueremo a lavorare con maggiore impegno e determinazione – si sono limitati a dire – non si è trattato di incidente, questo è poco ma sicuro…”. Anche stavolta molte persone potranno dormire sonni tranquilli. Ma non è detta l’ultima parola.

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