Piano Casa: Rapporto Diritti, dossier sulle politiche abitative tra passato e futuro

Il report traccia una panoramica dell’ultimo decennio tra overtourism, proteste degli studenti e case popolari e guarda alle nuove misure.

Roma – La legislazione intercorsa in questo ultimo decennio sulle politiche abitative “non ha inciso nel settore con riforme strutturali ma solamente con dei piccoli assestamenti”. A tracciare l’evoluzione di quanto accaduto negli ultimi dieci anni sul tema casa, è il Rapporto sullo stato dei diritti in Italia, nel capitolo ‘Diritto all’abitare’. “Ciò che è profondamente mutato – dice il report – è la percezione e la consapevolezza che il settore abitativo sia in crisi e che questa crisi abbia ripercussioni in diversi ambiti – abitativo, sociale, economico – fino a riflettersi sulla stessa qualità di vita nelle nostre città”.

A trainare il dibattito, ricorda il dossier, è stato il tema delle locazioni turistiche in relazione con il cosiddetto overtourism, il troppo turismo, un fenomeno che è riesploso dopo gli anni di stop della pandemia. Mentre la “città di Roma si preparava all’ondata eccezionale di 35milioni di visitatori per il Giubileo del 2025, per il 2024 si sono già registrate 40milioni di presenze turistiche superando tutte le previsioni; alcune città come Venezia si sono già attrezzate contingentando gli ingressi”. Ad accendere il faro sulle politiche abitative sono state anche le manifestazioni degli studenti fuorisede contro il caro affitti e le crescenti difficoltà a trovare un alloggio. La protesta, nata a maggio 2023 con l’iniziativa di una studentessa – Ilaria Lamera – che si è accampata con una tenda di fronte al Politecnico di Milano, si è rapidamente estesa in tutta Italia ed è proseguita per tutto il 2023″.

Le proteste degli studenti

Le “tende piantate nei principali atenei italiani sono così diventate l’emblema della precarietà abitativa. Anche in questo caso, da più parti è stato evidenziato come il mercato turistico sia entrato in competizione con quello delle locazioni per studenti. Il paradosso è che nel decennio precedente le associazioni sindacali avevano evidenziato come proprio le locazioni per studenti avessero avuto un ruolo nell’espulsione dei residenti, pertanto sembra di essere di fronte a un’ulteriore evoluzione del fenomeno espulsivo”. Il focus si sposta poi sul tema delle periferie, “che di fatto in Italia corrispondono ai grandi complessi di edilizia residenziale pubblica come Scampia, Caivano, Tor Bella Monaca, lo Zen“, Il dibattito “si è riacceso più volte durante il decennio: una prima volta nel 2015 con l’istituzione della Commissione sulla sicurezza nelle Periferie, XVII Legislatura, e con il relativo Piano di rigenerazione, per affrontare le difficili condizioni di vita nelle periferie, e poi nel 2023 con il tragico episodio di Caivano e il Decreto-Legge n.123, detto appunto Decreto Caivano.

E ora, cosa dobbiamo aspettarci? Il Piano Casa sarà pronto a giugno del 2025, dice il Rapporto, ma si possono dare delle anticipazioni. La “filosofia di fondo è quella di incrementare la dotazione di alloggi a canoni accessibili. Per fare questo si stanno mettendo a punto una serie di azioni che prevedono il coinvolgimento del pubblico e del privato. In merito al pubblico, si registra la volontà di attribuire alle Aziende Casa – le ex ICAP ora Ater, Aler ecc., ossia agli enti gestori dell’edilizia pubblica residenziale – il ruolo di soggetto attuatore di piani di recupero e di trasformazione di edifici pubblici in case e studentati. Queste aziende da tempo strette dai vincoli di pareggio bilancio, potrebbero così ampliare il loro campo d’azione. Altro punto senz’altro positivo è il prevedere uno stanziamento nazionale per le manutenzioni delle case popolari come già fatto con la legge Lupi – 80/2014 – rendendolo però strutturale“.

Oltre a questa linea d’azione il Piano casa prevede partnership pubblico-privato in forme nuove, esenzioni fiscali e l’acquisto di alloggi invenduti, il tutto finalizzato al Mix Sociale. “Al di là di come verranno articolate tutte queste misure, – rileva Il report – rimangono due punti critici. Il primo di carattere pragmatico: ossia come e quanto verranno finanziate tutte queste misure. Il secondo di carattere teorico: qualcuno ha mai calcolato come questo mix sociale deve essere composto? Il tema della mixitéche ricordiamo è l’obiettivo del Piano, rischia di essere scivoloso innanzitutto perché non esistono studi, e qualora esistano pongono non pochi problemi di attuabilità. Ad esempio, in una ricerca condotta su 45 quartieri di edilizia residenziale romana, si è visto che l’Indice di disagio sociale sale esponenzialmente quando la quota di case popolari supera il 30% dell’intero quartiere”.

Intanto in attesa del “Piano casa è stato pubblicato il Salva Casa – ricorda il dossier – un insieme di misure che oltre a facilitare la regolarizzazione di piccoli abusi introduce nuovi standard per l’abitabilità e stabilisce che gli alloggi minimi possano passare da 28 a 20mq, per una persona, e da 38 a 28 mq per due. Una norma che di fatto favorisce una logica speculativa riducendo lo spazio vivibile per persona e che se vista in prospettiva e collegata alle varie norme regionali derivate dal Piano Casa Berlusconi – che riguardano la demolizione e ricostruzione con premi di cubatura – rischia di giocare un ruolo nella trasformazione di quote parte di città in micro-condomini. Se questo potrebbe essere un pericolo nel Salva Milano, approvato alla Camera e in discussione al Senato, vi è di sicuro una certezza: quella dell’annichilimento della anche più elementare norma urbanistica.

Il prossimo anno – con varo del Piano Casa e del Salva Milano – sarà “decisivo per capire quale assetto prenderà la materia, se prevarranno logiche liberiste oppure quelle mirate a un nuovo protagonismo dello Stato. Certo è non si possono perseguire entrambe questa strade contemporaneamente”, evidenzia il dossier.

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