La procura della Repubblica di Piacenza ha disposto misure cautelari per sei rappresentanti sindacali nell’ambito della logistica piacentina. Le accuse vanno da associazione per delinquere a violenza privata fino al sabotaggio e interruzione di pubblico servizio. Secondo la difesa si vuole solo reprimere la legittima attività sindacale.
Piacenza – Secondo la Procura di Piacenza i sindacati di base nel settore piacentino della logistica sarebbero una vera e propria associazione per delinquere. Le sigle Si Cobas e Usb si sarebbero servite di manifestazioni non per difendere i lavoratori, bensì per inasprire dolosamente i rapporti tra le due sigle, col fine di ottenere maggiori iscrizioni e di conseguenza un maggiore introito economico.
Gli inquirenti in seguito ad un’indagine della Digos iniziata nel 2016 hanno disposto il fermo per sei persone coinvolte nell’attività sindacale. Lo scorso 23 luglio oltre duemila persone hanno manifestato contro i provvedimenti presi ai danni dei rappresentanti sindacali chiedendone la scarcerazione.
La regolamentazione del lavoro nel settore logistico è stata per anni in mano a cooperative o agenzie interinali le quali, sfruttando il boom del settore logistico, approfittavano del settore scarsamente controllato per imporre le loro condizioni lavorative, spesso sfruttando lavoratori stranieri. Cgil Cisl e Uil hanno sempre avuto un ruolo marginale nel settore così da spingere sindacati di base come il SI Cobas ad intraprendere battaglie sindacali contro lo sfruttamento in atto. “Le cooperative hanno avuto almeno 15 anni per fare quello che volevano, fino a quando non sono arrivati i sindacati di base.” così Gianni Boetto, segretario dell’ADL Cobas, dipinge la realtà della logistica prima della venuta dei sindacati di base.
Le molteplici battaglie e manifestazioni organizzate in città, secondo la Procura della Repubblica di Piacenza, non sarebebro state altro che un metodo estorsivo escogitato dalle sigle sindacali per garantire vantaggi economici personali e ai sindacati stessi. Questa la tesi che ha portato all’arresto del coordinatore nazionale del SI Cobas Aldo Milani e tre dirigenti piacentini della stessa sigla: Carlo Pallavicini, Bruno Scagnelli e Mohamed Arafat. Proprio a quest’ultimo vengono contestati bonifici del sindacato verso conti personali con i quali Arafat avrebbe acquistato case in Italia e in Egitto.
“…Si ha motivo di ritenere che Arafat in effetti abbia utilizzato il sindacato per arricchirsi – scrive in una nota la Procura – con la seria possibilità che abbia addirittura drenato risorse illegali dai conti dell’organizzazione dei lavoratori, il tutto strumentalizzando il suo ruolo centrale nella creazione del conflitto e nella successiva gestione delle vertenze conciliative attraverso un sistema consolidato di fittizzi rimborsi spesa…”.
Nelle 374 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare il Gip Sonia Caravelli sottolinea quanto il flusso di denaro che entrava nelle casse del sindacato fosse smisurato rispetto all’attività delle sigle sindacali. Prendendo in esame rimborsi per il trasporto degli iscritti alle manifestazioni anche con voli aerei per l’ammontare di 300.000 euro, l’accusa proverebbe il reato di finanziamento illecito. La rappresentazione sindacale è dunque considerata dagli organi inquirenti un elemento “ricattatorio” e gli scioperi una forma di richiesta “estorsiva” col fine di arricchire i vertici delle sigle sindacali di basa.
Secondo gli avvocati della difesa il fatto che non ci fosse regolamentazione nel settore logistico ha costretto le sigle sindacali ad azioni più incisive e borderline per ottenere maggiori diritti per i lavoratori, inoltre sempre secondo la difesa i singoli episodi non bastano a giustificare l’accusa di associazione per delinquere. Come sostiene Alessandro Delfanti in Emilia-Romagna c’è molta più attenzione delle Procure e delle Forze dell’ordine nei confronti dei sindacati e che “…Fare pressioni sul datore di lavoro per ottenere condizioni migliori sul contratto o “gareggiare” con altri sindacati per avere più tessere è né più né meno il mestiere del sindacato”. Rimarrebbe comunque dubbia la provenienza delle somme di denaro attribuite ai conti del sindacato, nonostante i rappresentanti giustifichino tali somme con la crescita del sindacato stesso.
Probabilmente il prossimo 3 agosto il tribunale del Riesame di Bologna discuterà il ricorso contro le misure cautelari ai danni dei sindacalisti accusati. Durante gli interrogatori di garanzia i sindacalisti hanno rilasciato dichiarazioni spontanee cercando di ricostruire il contesto e tutte le principali vertenze.