Le provocazione di Sgarbi si trascina le proteste degli altri ristoratori. Il negazionismo di un rappresentante delle istituzioni non porta a nulla. Che capra…
Pesaro – “Due pesi e due misure”, “figli e figliastri”, i luoghi comuni che vengono in mente si sprecano. Quello che mi viene in mente più di tutti è quello de “Il re non fa le corna”. Ma non si tratta di un ritorno allo Jus primae noctis ma di uno degli episodi di pacifico dissenso espresso dal famoso critico d’arte Vittorio Sgarbi che, come aveva annunciato un paio di giorni prima, è andato a cena in uno dei ristoranti di Umberto Carriera.
Il ristoratore ribelle che a Pesaro aveva organizzato una cena provocatoria per 90 persone nel suo locale “La Macelleria”, poi chiuso per 15 giorni dal questore. Giustamente. Sgarbi ha cenato nel ristorante Chic, nel centro di Fano, di proprietà dello stesso Carriera. Nel locale, compresa la troupe televisiva, erano presenti almeno 20 persone, in tanti senza mascherina.
I carabinieri giunti sul posto non sono potuti entrare in quanto non autorizzati a metter piede in un locale chiuso. Sgarbi caustico ha poi dichiarato: “Siamo una ventina di persone dentro a un ristorante in via San Francesco d’Assisi a Fano e stiamo mangiando tranquillamente ma fuori è pieno di carabinieri. Forse hanno fame anche loro”.
Adesso che le Marche rimangono zona gialla, cioè territorio con un non imminente pericolo di diffusione del virus, vige comunque l’obbligo per i ristoranti di chiudere il servizio ai tavoli dalle ore 18,00 alle 5,00 del mattino successivo. Sgarbi ha inoltre parlato di resistenza contro una dittatura fascista che ha privato i cittadini della libertà di fare ciò che vogliono: “Dopo andremo a San Marino dove potremo vedere in tempo reale che lì si può mangiare tranquillamente” ha aggiunto beffardo il buon Vittorio, sbagliando di nuovo.
La serata, che è stata trasmessa in diretta Facebook sul profilo di Carriera, ha suscitato le proteste degli altri ristoratori che hanno manifestato davanti al ristorante gridando “A questo punto apriamo tutti”. Il critico d’arte non è nuovo a queste alzate d’ingegno. Dall’inizio della pandemia, infatti, non fa altro che minimizzare la virulenza del Covid diventando spesso ridicolo e palloso: “Non è la peste del Manzoni, non è la fine del mondo”. S’è visto.
Ha destato scalpore il 29 ottobre scorso la poco edificante immagine di Vittorio Sgarbi portato via di peso dai commessi della Camera dei Deputati dopo che il parlamentare era stato ripetutamente richiamato a indossare la mascherina mentre parlava la vicepresidente Maria Elena Spadoni.
La vicenda ha fatto indignare persino il leghista Francesco Zicchieri, da tempo positivo al coronavirus, che ha dichiarato con legittima stizza:
”Nonostante la conoscenza e la simpatia che mi lega al collega Sgarbi questa volta non lo condivido… Anzi condanno il suo gesto. Vi assicuro che il Covid è un virus con il quale non si può scherzare. Indossare la mascherina oltre a proteggersi serve a tutelare gli altri e qui si tratta di educazione, rispetto e senso civico...“.
Ai negazionisti, e alle loro proteste, siamo ormai abituati dall’inizio dell’epidemia ma che tali atteggiamenti poco responsabili vengano da un rappresentante delle istituzioni non può che destare scalpore, specialmente in chi ha lottato, sta lottando o ha perso la battaglia contro il mostro. Mentre ci viene legittimo chiederci che cosa sarebbe successo se a cena al posto di un deputato ci fosse stato un comune mortale?
I carabinieri sarebbero andati via o avrebbero atteso con pazienza l’uscita dal locale del trasgressore per sanzionarlo a dovere? Un altro dubbio è lecito: Vittorio Sgarbi ammetterà di aver sbagliato? Se si bacchetterà sé stesso apostrofandosi capra? I lettori che ci avevano scritto per tornare sull’argomento sono stati serviti.
Ti potrebbe interessare anche —->>