Più maschi che femmine: capriccio della natura o campanello d’allarme?

Negli ultimi decenni il numero di nascite maschili ha superato quello delle femminili. Un fenomeno globale che apre interrogativi biologici, sociali e culturali, tra scienza, selezione naturale e politiche demografiche.

Una notizia di qualche settimana fa rimbalzata sul web e sulla carta stampata, ha destato prima stupore, poi interesse e, infine, ha fatto sorgere qualche interrogativo. Negli ultimi 40 anni sono nati più maschi che femmine. La reazione a caldo di un comune cittadino è stata: la popolazione invecchia, figli se ne fanno sempre meno, con questa tendenza ci avvieremo verso l’estinzione. Ma è veramente un problema?

La dinamica dell’equilibrio tra le nascite dei due sessi fa parte di quei meccanismi della natura che rispondono a ferree leggi scientifiche, ma anche di un certo non so che di misterioso, metafisico. Come solo una mente divina ha potuto partorire (a proposito di nascite!). Secondo la Scienza il numero di nascite di maschi e femmine è determinato principalmente dalla genetica, con un ruolo cruciale del padre nel determinare il sesso del nascituro. In particolare, il cromosoma sessuale presente nello spermatozoo che feconda l’ovulo determina il sesso del bambino: un cromosoma X porterà a una femmina (XX), mentre un cromosoma Y porterà a un maschio (XY). 

Negli ultimi 40 anni sono nati più maschi che femmine. E’ un problema?

In natura, la nascita di maschi tende ad essere leggermente superiore a quella delle femmine, con un rapporto di circa 105 maschi ogni 100 femmine. Questo può essere dovuto a fattori biologici, come una maggiore mortalità maschile durante lo sviluppo o una maggiore vitalità degli spermatozoi con cromosoma Y. 

Tuttavia, ci sono anche altri fattori che possono influenzare il rapporto tra i sessi, come l’età dei genitori, le condizioni ambientali e le scelte riproduttive. Come illustrato dall’ISTAT, in 25 anni sono nati 370mila maschi in più delle femmine. Non è un fenomeno tipicamente italiano, ma una tendenza diffusa in quasi tutto il mondo. Il rapporto uomo donna si sta sviluppando in maniera squilibrata. Nel senso che non c’è una donna per ogni uomo, ma più uomini per ogni donna. Una sorta di rivincita del matriarcato o una nuova forma di poliandria in chiave moderna.

Le scelte politiche risultano decisive, in alcuni casi, più della scienza e della demografia.

Inoltre, c’è da registrare che la mortalità maschile è superiore a quella femminile. Le donne vivono più a lungo, forse per un fatto genetico o per aver assunto abitudini meno rischiose dei maschi. Potrebbe rappresentare una forma di nemesi storica o di selezione naturale, facendo avvicinare il numero dei maschi a quello delle donne. La longevità femminile è un fatto che potrebbe alimentare il cosiddetto pensiero “INCEL” (Involuntary Celibate). Si tratta di persone che si autodefiniscono “celibi involontari” senza alcun tipo di relazione sentimentale o sessuale. Gli studiosi di demografia qualche preoccupazione l’hanno manifestata, così come anche gli evoluzionisti.

Le scelte politiche risultano decisive, in alcuni casi, più della scienza e della demografia. Basti ricordare il caso della Cina, in cui per decenni è stato praticato l’aborto selettivo, detta anche politica del figlio unico, ossia la scelta di interrompere la gravidanza in base al sesso del nascituro. Alla base di questa scelta c’erano fattori culturali e socio-economici. La preferenza era per i figli maschi, legata all’eredità, culto degli antenati e sostegno economico per la vecchiaia. Ora la natura e la storia stanno chiedendo conto di questa scellerata politica. Si vedrà dove finirà questo fenomeno!

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